TESTIMONIANZE DI FEDE – Diego Ligas ha 33 anni, il suo sogno era fare l’attore. E’ stato anche campione di Karate e Judo, ballerino di liscio e latino americano. Tutta la sua vita era orientata nel mondo dello spettacolo. Uno dei suoi cavalli di battaglia è imitare Adriano Celentano.
Un giorno le sue scelte iniziarono a cambiare.
Diego decide di consacrarsi da laico e di entrare nella Congregazione delle “Poverette della casa di Nazareth” che si occupano della cura di 200 disabili e portatori di handicap.
Lui è l’unico uomo all’interno della congregazione di suore che sono avanti nell’età.
Le suore pregavano tanto Giovanni Paolo II affinchè arrivasse qualcuno a darle una mano e nascesse una nuova vocazione. Nel frattempo, Diego chiedeva al Signore di dare un senso alla sua vita. Ed ecco che le preghiere di entrambi, un giorno, si sono incrociate.
Diego cosa ti attraeva in particolare del mondo dello spettacolo?
Ciò che mi attraeva del mondo dello spettacolo era il fatto di diventare famoso riuscendo ad entrare attraverso la televisione, nelle case delle persone.
Mi attraeva essere riconosciuto per strada dalle persone, avvalendomi anche delle mie doti sportive.
Nel 2001 iniziasti ad avvicinarti a Dio, passavi ore ed ore in chiesa. Cominciasti a porti delle domande. Quali?
Nel periodo in cui praticavo il Karate, è sorta in me una domanda a cui pensavo per diversi giorni e mesi: volevo sapere cosa ci fosse dopo questa vita terrena.
Mi domandavo: “Se dovessi morire in quest’istante, sono nella grazia di Dio oppure sto compiendo soltanto la mia volontà?”. Questa domanda mi ha messo un po’ in crisi.
Pensavo alla morte e a cosa ci sarebbe stato dopo di essa. Dentro di me avevo, tanta paura ed uno strano timore di non camminare nella strada tracciata da Dio.
Ti sei convertito grazie ai primi 9 venerdì del mese (dedicati al Sacro Cuore di Gesù) ed ai primi 5 sabati (dedicati al Cuore Immacolato di Maria).
Come sei venuto a conoscenza di queste pratiche ed in cosa consistono?
Il tutto è avvenuto proprio in quel periodo in cui mi ponevo tante domande; un giorno nel tempo libero, mentre ero a fare un giro col motorino, vicino alla diga del paese, trovai un manifesto che parlava della pratica dei primi 9 venerdì del mese ed elencava le 10 promesse.
La pratica dei 9 venerdì del mese, consiste nel recarsi ogni primo venerdì di ogni mese, alla Santa Messa, prendendo la comunione ( essendosi confessati nei giorni precedenti) e mettendo come intenzione la riparazione al Sacro Cuore di Gesù.
Legata a questa pratica, vi sono delle promesse che Gesù ha fatto a coloro che lo venereranno in questo modo, una di queste promesse è proprio sulla vita eterna.
Successivamente ho compiuto anche la pratica dei primi 5 sabati dedicati al Cuore Immacolato di Maria. La modalità di preghiera è la stessa, cambia soltanto il giorno.
L’intenzione della preghiera stavolta è dedicata al Cuore Immacolato di Maria.
Questa è stata l’inizio della mia conversione.
Da ragazzo lavoravi prima in un supermercato e poi in una fabbrica dove eri l’addetto alle molle. Proprio all’età di 23 anni, cominciasti ad avere problemi di salute: attacchi di panico ed ansia. A cosa erano dovuti?
Ancora oggi non ho capito a cosa erano dovuti gli attacchi di panico e l’ansia. Penso che il Signore mi abbia voluto provare nella sofferenza (perché tutto il giorno combattevo con gli attacchi di panico) al punto da lasciare lo sport ed il lavoro.
Mi giungeva la paura di morire e chiedevo al Signore il perché di tutto questo. Quando andavo a farmi le visite mediche, i medici non trovavano nulla.
Col tempo ho capito che il Signore le ha permesse affinchè io percorressi una strada che mi portasse con umiltà a seguire Lui.
Dio non manda le sofferenze ma le permette per un bene maggiore. Anche Lui è andato sulla Croce ed essendo il Figlio di Dio poteva evitarlo, ma Gesù ha dato un valore infinito alla sofferenza.
All’età in cui tutti gli adolescenti escono il fine settimana con gli amici, tu andavi a trovare i senzatetto e i tossicodipendenti. Per un ragazzo di 23 anni è una cosa insolita, non credi?
Si è una cosa insolita ed anche io mi sentivo insolito però sentivo dentro di me questa voglia forte di andare ad aiutare gli “ultimi” per dare loro un sostegno morale, di vicinanza e di ascolto.
Tornavo a casa la sera, e mi domandavo io stesso cosa mi stesse succedendo.
Anche i miei genitori cominciarono a farsi delle domande perché erano preoccupati dal mio cambiamento.
Mi sentivo in completa pienezza, quando andavo a trovare un senza tetto e passavo delle ore insieme a lui, oppure quando andavo a trovare anche i tossicodipendenti.
Spesso mi recavo in chiesa da solo, non tanto per pregare ma in silenzio davanti al tabernacolo chiedevo a Gesù cosa volesse da me.
Sentivo dentro di me il richiamo verso gli ultimi. Dentro di me, c’è sempre stata un attrattiva verso le persone diversamente abili i cosiddetti Portatori di Handicap con la sindrome di down.
Come sei venuto a conoscenza della Congregazione delle “Poverette della casa di Nazareth” e come hai saputo dell’’Istituto?
Devo dire grazie alla Divina Provvidenza e alla mano di Dio che mi ha guidata. Da 7 mesi pregavo ogni Santo giorno, chiedendo al Signore di farmi conoscere un ambiente in cui vi erano persone affette da Sindrome di Down.
La mia idea, inizialmente non era quella di consacrarmi, ma di mettere a disposizione qualche ora del mio tempo, per queste persone.
Un giorno mi trovavo da mia nonna e guardavo la tv su TelePace, ad un certo punto trasmettevano un documentario (giunto quasi alla fine) sulla Casa religiosa delle “Poverette della casa di Nazareth”, apparve impresso il numero di telefono così lo trascrissi e qualche giorno dopo, mi recai da loro.
Cominciai a dedicare nel fine settimana il mio tempo libero all’interno dell’Istituto.
Poi cominciai ad andare in Istituto, tutte le sere dopo il lavoro.
All’epoca pensavo di essere chiamato alla vita matrimoniale, nulla mi faceva intendere ad una chiamata di consacrazione laicale.
In questo incontro con le suore Poverette della casa di Nazareth, c’entra la morte di Giovanni Paolo II. Raccontaci.
Esatto. Mi trovavo a seguire gli ultimi momenti di vita di Giovanni Paolo II in televisione, e quando arrivò la notizia della sua morte, ebbi la chiarezza che dovevo lasciare tutto per dedicarmi all’Istituto.
Grazie a Giovanni Paolo II, in me si è creata una certezza nonostante sapevo che sarei stato l’unico maschio dell’istituto. Ricordo che mi recai dalla madre generale, chiedendole se potevo entrare come fratello religioso, mi rispose subito di si, dicendomi che avevano pregato Giovanni Paolo II, affinchè una vocazione potesse bussare alla porta. Per me è stato il segno che Dio mi mandò perché voleva che io andassi lì.
La chiamata è stata forte e chiara per cui non potevo dire di no.
Così il 27 novembre 2005 entro definitivamente in Istituto e due anni dopo, alla presenza del Vescovo, ho preso i voti di castità, povertà ed obbedienza.
Come si svolge la tua giornata all’interno della comunità?
Mi alzo alle 06:10 del mattino, intorno alle 6:30 ci ritroviamo tutti in cappella per le preghiere e le Lodi mattutine. Poi iniziamo a fare mezz’ora di meditazione sulla vita dei Santi e sulla Parola di Dio. Dopo recitiamo il Santo Rosario ed al termine facciamo colazione. Successivamente ognuno di noi svolge le sue mansioni; il mio compito è quello di insegnare ai disabili (nelle due scuole che abbiamo) etica civica e religione. Anche se la mia presenza è più che altro morale perché molti non sanno né leggere e né scrivere.
C’è un ricordo particolare che ti ha colpito il cuore in questi due anni di comunità?
Mi ha toccato in particolar modo, il contatto con le persone diversamente abili, i quali hanno impresso il volto di Cristo sofferente.
C’è stato un episodio particolare che mi ha colpito: mentre tenevo per mano una donna anziana diversamente abile, per andare alla grotta della Madonna che abbiamo in terrazza, la incitavo a fare l’Ave Maria, ma quest’ultima faceva fatica sia a recitare la preghiera che a fare il segno della Croce.
Interiormente domandai alla Madonna di mandarci un segno, per la Sua Presenza in mezzo a noi. Dopo qualche secondo, cadde in mezzo a noi, una rosa rossa, bellissima da sopra la grotta della Madonna.
Questo per me ha significato tanto, la Madonna è sempre vicino a noi soprattutto alle persone sofferenti.
Servizio di Rita Sberna