Per un triennio il Cop ha scelto di approfondire, nelle sue Settimane, le costituzioni del Concilio Vaticano II. Perché questa scelta, e in particolare della “Gaudium et Spes” per quest’edizione?
L’attenzione al mondo della “Gaudium et Spes” in che misura si può declinare nella “Chiesa in uscita” come la vede Papa Francesco?
“Il Papa, pur senza citarlo troppo, sta attuando il Concilio in maniera metodica, esso è la fonte d’ispirazione di tutte le sue attività, intuizioni e programmazioni pastorali. Questa costituzione era proprio il tentativo di dialogare con il mondo e con la storia da parte di una Chiesa che – in quel tempo – si era arroccata nella sua staticità e difesa. Un problema che si stava riproponendo pure in questi ultimi anni, con una Chiesa che si sentiva attaccata, e alla quale ora Francesco chiede di essere ‘in uscita’”.
È “in uscita” pure la proposta del Cop di sostenere centri per i giovani…
Come evitare la strumentalizzazione di una Chiesa che si apre alle istanze del mondo?
“La comunità credente ha in sé la capacità di affrontare e vivere i problemi del mondo. Specialmente il laicato, che nella vita di tutti i giorni è immerso nella storia. Il dialogo e l’incontro per noi cristiani è fondamentale, con l’intelligenza della Chiesa di rispondere adeguatamente e offrire una proposta bella. Non deve aver paura del mondo né condannarlo, ma aprirsi all’ascolto e al confronto: una comunità consapevole della sua fede è capace di metterla alla prova”.
Parlando di “Chiesa samaritana” – tema pure affrontato alla Settimana e caro a Papa Francesco – come può una comunità cristiana essere tale, “povera con i poveri”?
“Il contatto con i poveri deve essere reale, laddove è la Chiesa intera che convive con le persone più povere e misere. Non è pauperismo, non godiamo di una povertà che toglie la dignità umana, ma al contrario facciamo di tutto perché questa povertà possa avere quella dignità che è diritto di ogni uomo. Ciò chiede un grande sforzo, sostegno e carità concreta: penso, ad esempio, a quanto la Chiesa fa per coloro che non hanno lavoro, si trovano lontano da casa o sono emarginati. Il Papa propone la povertà come virtù, ovvero l’affidarsi a Dio più che ai beni terreni, da usare per fare carità”. A cura di Redazione Papaboys*
* fonte Agesir
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