Il sacerdote mi invita a concelebrare con lui una messa insieme a circa 300 fedeli venuti in pellegrinaggio. Alla fine, dopo aver imposto le mani a chiunque lo voglia per “rafforzare la fede davanti alle difficoltà”, mi spiega come i fedeli della Corea si stanno preparando alla venuta di Francesco: “Fin da quando è girata la notizia della visita del Santo Padre, abbiamo iniziato una preghiera continua per i giovani asiatici e per la Chiesa coreana”.
“Oltre alla preghiera – riprende – abbiamo pensato che dovremmo anche sapere e conoscere il pensiero del Papa, il suo insegnamento, il messaggio che ci vuole comunicare. Per questo abbiamo lanciato fra i fedeli un concorso su chi produce il miglior commento all’esortazione apostolica Evangelii gaudium. Così tutti sono spinti a leggerla. Chi fa il miglior commento vince”.Davanti alla grande cappella vi è un’enorme statua di Cristo alta almeno tre metri in metallo argentato a filigrana. Alla base vi è una specie di stenditoio dove sono annodati tanti nastrini gialli, un “segno di speranza e di amore verso i defunti”. La statua, i nastri e una cassetta per le offerte sono per ricordare e pregare per le vittime del traghetto Sewol, che lo scorso 16 aprile è naufragato facendo morire circa 300 persone. L’incidente ha colpito in profondità l’opinione pubblica perché la maggioranza delle vittime erano dei giovani che stavano facendo l’esame della scuola media superiore, un esame molto importante qui in Corea. “Anche questo – dice p. Thimoty – la testimonianza della carità, stare vicini ai familiari delle vittime del Sewol, è un modo per prepararsi alla visita del Papa. La nostra diocesi ha una fondazione, voluta dal card. Stephen Kim, con cui aiuta le persone vittime di disastri”. “Quando vi è stato il naufragio – continua – ogni giorni i sacerdoti stavano vicini ai familiari e celebravano messe per i morti annegati e per i vivi. Poi vi sono state donazioni per le persone danneggiate da questo disastro. Il santuario ha aiutato le vittime, donando una somma di denaro alla fondazione diocesana, che a sua volta ha aiutato loro. Qui al santuario abbiamo deciso di celebrare una messa ogni giorno per un anno intero per quelle vittime”.
Girando per Seoul si vedono tanti edifici cristiani, protestanti e cattolici. Chiedo a p. Thimoty: “Quanto il lavoro, il business, il commercio di Seoul e della Corea sono segnati dalla testimonianza dei cristiani e dei martiri?”. Risponde: “In Corea almeno il 70% della popolazione appartiene a qualche religione: 30-40% buddisti; 30% protestanti; 11% cattolici. È interessante notare che da un’indagine è risultato che la Chiesa cattolica (l’11% della popolazione) è la religione che influisce di più sulla società. La Chiesa influenza con le sue opere sociali, le case di cura per gli anziani, per i poveri, contro l’ingiustizia, per la vita… Ad ogni modo, i campi del lavoro e dell’economia sono ancora da evangelizzare in profondità. Siamo ancora agli inizi”. di Benedetto Cervellera*
La fonte dell’articolo è tratta da: asianews
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