“In tutta la Cina, la gente parla della morte del dottor Li Wen Liang”, scrive su Facebook il professor Stefano Biavaschi.
“Fu il medico cristiano che scoprì per primo il coronavirus e venne perseguitato dalle autorità per aver lanciato l’allarme sui pericoli”, ricorda Biavaschi.
Come è noto, nel dicembre del 2019 era stato perfino arrestato. Rilasciato si era sempre preso cura dei pazienti fino a quando anche lui non è stato infettato.
Li Wen Liang è morto la mattina presto del 7 febbraio, alle ore 2:58, lasciando una moglie, anch’essa infettata dal coronavirus (oltre che incinta di 8 mesi del loro secondo figlio).
“Prima di morire”, ricorda Biavaschi, “il dottor Li Wen Liang ha lasciato uno scritto nel quale, in modo profondamente toccante, ha detto come gli sarebbe mancata la sua famiglia, la sua amata Wuhan, ed ha citato 2 Tim 4,7-8”. Quello splendido passo biblico che dice: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione”.
Nato a Beizhen, il 12 ottobre 1986, morto a Wuhan il 7 febbraio 2020, questo medico oculista dell’ospedale centrale di Wuhan, fu uno dei primi medici a riconoscere la pericolosità della polmonite di Wuhan, lanciando l’allarme sul coronavirus il 30 dicembre 2019.
Il 3 gennaio 2020, la polizia di Wuhan lo ha convocato ammonendolo per “aver detto commenti falsi su Internet”.
Subito dopo il regime comunista cinese si è accorto dell’errore e il dottor Li Wen Liang era tornato al lavoro in ospedale ma ha contratto il coronavirus da un paziente infetto, contagio che lo ha portato alla morte.
Dopo il suo decesso, il governo cinese ha dichiarato di aver aperto un’inchiesta sull’accaduto e intanto il medico cristiano è diventato un eroe nazionale, almeno per il popolo, considerando che il governo nazionale comunista è sostanzialmente ateo e reprime con la forza quasi tutto ciò che riguarda le fedi presenti nel popoloso paese asiatico.
Il dottore ha offerto un’eredità che lascerà sempre un segno nel cuore del popolo cinese. Si è preso cura dei pazienti e ha cercato di fermare la diffusione del coronavirus sapendo che molto probabilmente sarebbe stato infettato. Il dottor Li Wen ha scelto di donare la sua vita per cercare di salvare quella di altri.
Ecco un testo che ha lasciato e diffuso su internet dal pastore Dencio Acop.
“Non voglio essere un eroe.
Ho ancora i miei genitori,
i miei figli,
la mia moglie incinta che sta per partorire
e ci sono ancora molti miei pazienti nel reparto.
Sebbene la mia integrità non possa essere scambiata con la bontà verso gli altri,
nonostante la mia perdita e confusione,
devo ancora continuare,
Chi mi ha lasciato scegliere questo paese e questa famiglia?
Quanti lamentele ho?
Quando questa battaglia sarà finita,
io guarderò il cielo,
con lacrime che sgorgheranno come pioggia.
Non voglio essere un eroe,
ma solo un medico,
non riesco a guardare questo virus sconosciuto
che fa del male ai miei pari
e a così tante persone innocenti.
Anche se stanno morendo,
mi guardano sempre negli occhi, con la loro speranza di vita.
Chi avrebbe mai capito che stavo per morire?
La mia anima è in paradiso,
guardando quel letto bianco di ospedale,
su cui giace il mio stesso corpo,
con la stessa faccia familiare.
Dove sono mio padre e mia madre?
E la mia cara moglie,
quella ragazza per cui stavo lottando fino all’ultimo respiro.
C’è una luce nel cielo!
Alla fine di quella luce c’è il paradiso di cui spesso la gente parla.
Preferirei non andare,
preferirei tornare nella mia città natale a Wuhan.
Ho la mia nuova casa lì appena acquistata,
per la quale devo ancora pagare il prestito ogni mese.
Come posso rinunciare?
Come posso cedere?
Per i miei genitori perdere il figlio quanto deve essere triste?
La mia dolce moglie, senza suo marito, come potrà affrontare le future vicissitudini?
Me ne sono già andato
Li vedo prendere il mio corpo,
metterlo in una borsa,
dentro la quale giacciono molti connazionali.
Andati come me,
spinti nel cuore del fuoco,
all’alba.
Arrivederci, miei cari.
Addio, Wuhan, la mia città natale.
Spero che, dopo il disastro,
ti ricorderai che qualcuno ha provato a farti sapere la verità il prima possibile.
Spero che, dopo il disastro,
imparerai cosa significa essere giusti.
Mai più brave persone
dovrebbero soffrire di paura senza fine
e tristezza profonda e disperata.
Ho combattuto la buona battaglia,
ho terminato la corsa,
ho conservato la fede.
Ora c’è in serbo per me la corona della giustizia” (Li Wen Liang).
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