LA CALABRIA SI AFFIDA AL SUO PATRONO
Nella nostra terra di Calabria, in questi giorni di prova e sofferenza per il
dilagare del coronavirus, i suoi abitanti invocano lo speciale patrocinio di San Francesco di Paola, suo celeste patrono. Infatti, non c’è paese dove non è venerato il Santo di Paola e non c’è casa dove non è presente la sua immagine.
A lui sono dedicati numerosi santuari, chiese e cappelle della nostra bella terra di Calabria. Tante sono le feste in suo onore che si svolgono durante tutto l’anno. In questi giorni così difficili per tutti, la gente di Calabria invoca il suo soccorso.
In tutti i social campeggiano immagini che ritraggono San Francesco abbracciato alla sua Calabria in segno di speciale protezione. I frati Minimi, custodi del Santuario Regionale di Paola, cuore spirituale della Calabria stanno promuovendo una serie di iniziative di sostegno e conforto per i tanti fedeli e pellegrini che varcano la soglia del Convento, ma che ora impossibilitati si vedono costretti a seguire le tante celebrazioni, proprie di questo tempo quaresimale, (Pio esercizio della Via Crucis, i Tredici Venerdì in onore del Santo) attraverso i mezzi di comunicazioni sociali.
Padre Francesco Trebisonda, attuale Correttore Provinciale, insieme alla sua Curia hanno voluto indire una giornata di preghiera e di digiuno per tutte le comunità della Provincia Monastica di San Francesco, che si è svolta mercoledì 11 u.s.. Padre Trebisonda ha inviato un messaggio a tutte le comunità ricordando le parole di San Francesco: “La preghiera è come un fedele messaggero che giunge là dove la carne non può arrivare” ed essa unita al digiuno diventa un’arma potente che ci aiuta pur nella sofferenza ad accettare la volontà di Dio “che si manifesta in mille modi e attraverso mille voci: quella del proprio dovere, anzitutto, e quelle delle prove della vita”. La storia poi ci tramanda diversi episodi che hanno visto San Francesco di Paola essere accanto ai fratelli ammalati e bisognosi di conforto. Così scrive mons. Giuseppe Fiorini Morosini, attuale arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova: “La sua disponibilità, così ricca di umanità, non temette il pericolo di contagio quando si trattò di malattie contagiose, come nel caso del lebbroso, che egli tenne nascosto per quindici giorni al monastero, e fu sanato dalla lebbra perfettamente”. Oppure nel suo viaggio in Francia nell’entrare nelle citta di Bormes e Fréjus, venne subito informato del flagello della peste che affliggeva quella gente. Quando Francesco vide dinanzi a sé tutta quella gente implorante piena di fiducia, aiuto e liberazione, si commosse profondamente.
Accompagnato da loro, si diresse al lazzaretto. La vista di quei malati lo commosse ancora più profondamente e, confidando nel Signore, benedisse quei malati, che furono tutti risanati.
A Fréjus, “incontrata una donna San Francesco le chiese quale fosse il motivo di tanta desolazione. La risposta fu secca: c’è la peste. I dettagli raccontati furono drammatici: metà della gente era già morta; degli altri, chi era fuggito dalla città, chi giaceva infermo aspettando la morte liberatrice. Francesco la pregò di andare a portare la lieta notizia che lui era lì per guarirli in nome di Dio”.
In un baleno gli appestati si raccolsero davanti al frate sconosciuto e furono guariti. La città riprese a vivere. Ancora oggi a Fréjus ogni anno si commemora l’evento di quest’opera di carità compiuta da San Francesco di Paola per volere di Dio. Tutti i Calabresi e devoti sparsi ovunque nel mondo continuano in questo delicato momento e non solo, ad aggrapparsi al suo bastone di pellegrino dell’infinito amore di Dio. Anche oggi, soprattutto per coloro che soffrono maggiormente per quest’epidemia ancora una volta Francesco di Paola distenderà il suo mantello per portare tutti a salvamento.
don Giovanni Celia
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