Per la Corte europea di Strasburgo l’Italia non ha violato la Convenzione europea sui diritti dell’uomo, dopo che ha negato la donazione a scopo scientifico di embrioni umani ottenuti attraverso fecondazione in vitro. Il caso riguarda una cittadina italiana, Adelina Parillo, che nel 2002 ricorse a tale metodo insieme al suo partner, ottenendo cinque embrioni che non sono stati però mai impiantati per la morte del compagno nel 2003. Alessandro Guarasci ha sentito il bioeticista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico Ospedale Pediatrico Bambino Gesù:
R. – Mi pare che il punto su cui ha insistito la Corte è essenzialmente quello che per donare un embrione bisogna che siano d’accordo entrambi i genitori, nel senso che l’embrione è il prodotto di un concepimento che viene per il 50 per cento dalla mamma e 50 per cento dal papà, quindi essendoci solo una richiesta della mamma non accompagnata dal consenso anche del padre, praticamente la mamma da sola non può decidere sul destino di un embrione. Diciamo che questa sentenza dice che l’embrione non è un “qualcosa” ma è un “qualcuno” e che quindi sul suo destino bisogna essere in due persone a decidere.
D. – La sentenza in qualche modo riconosce che all’interno dell’Unione Europea c’è un vasto dibattito su questi temi, dunque apre ad una maggiore tutela dell’embrione?
R. – Sì, su questo non c’è dubbio. Questo tipo di sentenza va interpretata anche in questa maniera e peraltro trasferita in Italia avrebbe trovato una serie di problematiche, nel senso che se per caso fosse stato diverso il parere della Corte e qualcuno avesse deciso che questi embrioni si potevano donare alla ricerca, questo avrebbe poi cozzato con quello che ancora funziona della Legge 40. In quella legge c’è uno dei primi articoli – proprio perché la legge 40 era a tutela non solo dei diritti della mamma ma anche degli embrioni – che impedisce la manipolazione degli embrioni se non per finalità terapeutiche.
D. – Ma poi concretamente serve la ricerca sugli embrioni?
R. – Un messaggio che si dovrebbe mandare a questa signora che voleva donare gli embrioni per la ricerca è che forse bisogna vedere questa ricerca con meno ottimismo di quello che si ritiene normalmente. Io non so quanti embrioni fossero a disposizione ma probabilmente chi oggi fa una ricerca sugli embrioni per recuperare cellule staminali totipotenti ha bisogno di numeri straordinari di embrioni. Anche perché molti di questi embrioni che sono congelati non forniscono quelle cellule che sono utili alla ricerca per poi fare le sperimentazioni. Quindi probabilmente queste piccole donazioni non hanno quasi nessun significato se non quello che rivestono a livello massmediatico e politico per il senso e il significato che si vuole dare a questo tipo di atti che alcuni genitori decidono di prendere.
A cura di Redazione Papaboys fonte Radio Vaticana