Nel 1947 il Bollettino degli Scienziati Atomici ha creato l’Orologio dell’Apocalisse, un orologio immaginario in cui la vicinanza della lancetta dei minuti alla mezzanotte rappresenta l’imminenza dell’estinzione umana. Alla luce di catastrofi incombenti come la guerra nucleare e i cambiamenti climatici, il nostro Orologio dell’Apocalisse è ora alle 11:57:30. Siamo apparentemente più vicini alla fine del mondo di quanto non siamo stati in mezzo secolo.
Ciò contraddice in modo deciso l’insistenza di Gesù sul fatto che “quanto a quel giorno e a quell’ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre” (Matteo 24, 36). Neanche uno scritto evangelico include l’aggiunta “ma solo il Padre… e il Bollettino degli Scienziati Atomici”. Ma gli arsenali nucleari stanno aumentando in tutto il mondo, e l’attuale Presidente degli Stati Uniti è – per dirla in modo soft – conflittuale. Per alcuni, questo rende le profezie di una catastrofe atomica stranamente credibili. Ma se siamo davvero vicini alla fine, come dovremmo reagire? Cosa dovrebbe fare un cristiano riguardo all’Orologio dell’Apocalisse?
Prendere l’orologio sul serio – come una misura accurata dei fattori che porteranno alla fine dei tempi – invita a scegliere una di due risposte. La prima è ammettere che siamo finiti e prepararci al peggio. È la strategia dei ricchi survivalisti, che secondo Evan Osnos del The New Yorker stanno organizzando ritiri d’emergenza in Nuova Zelanda in cui spiegano come uscire indenni dal cataclisma imminente. Mi sembra come lavarsi le mani del mondo, abdicando da qualsiasi responsabilità di lavorare sui problemi attuali. Non riesco a immaginare che Cristo possa volere che diamo per spacciata la razza umana.
L’altra opzione è cercare di scongiurare le calamità che sembrano più probabili. È quello che suggerisce il Bollettino. Il suo direttore esecutivo spera che l’Orologio dell’Apocalisse “elevi il livello di conversazione e promuova una chiamata all’azione”. È un appello a consapevolezza ambientale e impegno politico, a tentativi concreti di evitare la nostra fine.
Ma anche questo approccio è troppo manchevole da un punto di vista cristiano, perché due cose sono certe secondo Gesù: il mondo è destinato a finire e non possiamo dire quando succederà. Cristo ci mette anche espressamente in guardia dal considerare le sollevazioni politiche e le anomalie meteorologiche segni decifrabili dell’Armageddon (Marco 13, 5-8). Se c’è infatti una cosa che impariamo dal Vangelo sull’apocalisse, è che qualunque previsione facciamo sulla sua data o sulle sue cause sarà sbagliata. Di conseguenza, i nostri tentativi di evitare il Giorno del Giudizio saranno probabilmente fuorviati e futili. Andare alla cieca per evitare un risultato inevitabile è la ricetta perfetta per un’ansia senza fine, se non per la disperazione.
Gesù offre un approccio del tutto diverso. “State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso”, ci dice (Marco 13, 33). Ciò non vuol dire né “Accadrà comunque, quindi alzate le mani” né “Cercate di vedere quando arriva e stroncatelo sul nascere”. Quello che Cristo comanda è invece un impegno consapevole e l’attenzione a un mondo che potrebbe svanire in qualsiasi momento, domani o nel prossimo millennio. La nostra distruzione sempre in agguato dovrebbe portarci non al panico o alla rassegnazione, ma a investire maggiormente sull’istante che viviamo, sulla “vita in abbondanza” (Giovanni 10, 10).
In epoche notevolmente meno sicure delle nostre, il teologo C. S. Lewis ha pronunciato un discorso a Oxford mentre Hitler flagellava l’Europa. “La guerra”, ha detto, “non crea una situazione nuova. Si limita ad aggravare la situazione umana permanente di modo che non la possiamo più ignorare. La vita umana è sempre stata vissuta sull’orlo di un precipizio”. Allo stesso modo, l’Orologio dell’Apocalisse non fa che sottolineare ciò che è sempre stato vero: che questo momento è l’unico che possiamo essere certi di godere. E allora i nostri rapporti e le nostre scelte attuali, i nostri vizi e le nostre virtù, sono di estrema importanza.
Solo Dio può dirvi quello che dovreste fare a livello personale – chiamare il vostro rappresentante locale o piantare un albero, scrivere un articolo in difesa di Trump o fare pace con il vostro coniuge. Ma io posso dirvi questo: qualunque cosa sia, conta. E non perché potrebbe salvare il mondo. Il mondo, ricorderete, è già stato salvato. No, le vostre piccole gentilezze e i vostri grandi progetti contano per lo stesso motivo per cui hanno sempre contato: perché ogni secondo di gioia umana è un secondo per cui la morte di Dio è valsa la pena. E allora, qualsiasi cosa facciate, lottate per il secondo successivo del vostro prossimo come se fosse – e potrebbe esserlo – l’ultimo che avrà.
Fonte it.aleteia.org
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