C’è una nazione in Europa che, più di altre, sembra essere il simbolo della resistenza al Male, che striscia lungo i sentieri della Storia. Quel paese è la Polonia e la città-simbolo per eccellenza di questa titanica battaglia è Cracovia.
Nella seconda più grande città polacca, nonché capitale fino al 1596, si concentra l’essenza dell’identità del grande paese slavo, nelle sue declinazioni culturali, storiche, artistiche, politiche e soprattutto religiose. Già nella leggenda che dà il nome e il simbolo alla città è rintracciabile una dimensione agonistica e quasi apocalittica. In una grotta lungo le sponde della Vistola, si annidava il drago di Wavel, che seminava il terrore tra la popolazione, prima di essere ucciso con uno stratagemma escogitato dal principe Krak, che gli fece divorare una pelle di montone farcita di zolfo, cosicché il mostro esplose per le fiamme che gli divamparono nel ventre.
Cracovia, come si accennava, è stata per circa tre secoli, la capitale di un regno in cui il legame tra trono e altare è sempre stato strettissimo, come testimonia la canonizzazione della Regina Edvige (1374-1399), sepolta nella cattedrale di Wawel, al pari di molti altri sovrani, compreso Giovanni III Sobiewski (1629-1696), eroe della battaglia di Vienna (1683), che allontanò definitivamente i turchi dall’Europa centrale. La vicenda dell’arcivescovo San Stanislao (1030-1079), patrono di Cracovia e di tutto il paese, è quasi un preludio alla dimensione del martirio che sembra segnare indelebilmente l’intera nazione polacca. Come un novello Giovanni Battista, Stanislao aveva avuto il coraggio di denunciare pubblicamente la vita dissoluta del re Boleslao II; venne perciò fatto assassinare da quest’ultimo, mentre celebrava la messa. Un ‘privilegio’ capitato soltanto ad altri due vescovi: in epoca medioevale San Tommaso Beckett e in epoca moderna Oscar Romero, beatificato pochi giorni fa.
L’aggressione del Male che si fa Storia si materializza tragicamente nel paese con l’Olocausto nazista. È significativo però che Auschwitz (Oświęcim) e Birkenau siano collocate proprio a ridosso delle tre grandi “roccaforti della santità” che risaltano nel territorio polacco: Cracovia, Czestochowa e Wadowice.
Il culto della Madonna Nera di Czestochowa non è legato ad alcuna apparizione ma ad una icona in stile bizantino, che la leggenda attribuisce a San Luca, che, essendo contemporaneo della Vergine Maria, ne avrebbe dipinto il vero volto. La Madonna di Czestochowa è diventata quindi il sigillo di una protezione mariana su un intero paese, che è stata in grado di rovesciare ogni insidia. Stretto a Ovest e a Est dai Prussiani, a Sud dagli Austriaci, a Nord dagli Svedesi e a Est dai Russi, il territorio nazionale polacco è stato per secoli minacciato da eserciti assai più agguerriti e organizzati e ha subito continui mutamenti nei confini e nella forma, fino a sparire completamente per qualche tempo alla fine del XVIII secolo.
Eppure la Polonia è rimasta cattolica, pur circondata da protestanti e ortodossi, con una componente ebraica piuttosto integrata e particolarmente numerosa, fino a poco prima dell’Olocausto. I polacchi resistono al nazismo più con i rosari che con le barricate. Ai sei anni di invasione tedesca, seguono i 40 anni di regime filosovietico. Solo un popolo come quello polacco poteva sopportare consecutivamente due dittature così feroci senza imbracciare quasi mai le armi.
Simboli di questa resistenza sono eroici uomini di Chiesa come Massimiliano Kolbe, Stefan Wyszyński, Jerzy Popieluszko, Karol Wojtyla. Ad essi si affiancano tanti santi sconosciuti che in un cinquantennio hanno lottato per la libertà del loro paese e della loro Chiesa nazionale.
Wojtyla in particolare riunisce in se stesso le connotazioni del martirio, della profezia e del riscatto nazionale di un popolo, che divengono patrimonio universale, con la sua elezione a Pontefice. Chi visita la sua casa-museo a Wadowice, può toccare con mano tutta l’umanità e la familiarità di un personaggio che cambia la storia, rimanendo però profondamente legato all’esistenza comune. Un giovane il cui sogno è diventare attore, che ama stare tra gli amici, andare in montagna e praticare sport. Osservando i cimeli di casa Wojtyla, le pagelle scolastiche del futuro papa, i suoi scarponi da sci, la cucina in cui cenava con papà Karol senior, con mamma Emilia e con il fratello Edmund, si percepisce quella normalità quotidiana che può diventare qualcosa di meraviglioso, varcare i confini dell’umano, incamminandosi verso un destino voluto da un Altro e mai immaginato da nessun cuore umano. Una serenità domestica, spezzata prima dalla prematura scomparsa della madre e del fratello di Lolek, poi dalla crudeltà della guerra e delle dittature.
L’uomo costantemente spiato dai servizi segreti polacchi, marcato stretto dai sovietici, l’uomo che rischia di morire per mano di un turco nella “sua” piazza San Pietro, contribuisce in modo determinante alla vittoria finale della libertà per il suo popolo e per quelli limitrofi. Arriva poi il trionfo del suo Giubileo e del più grande raduno giovanile della storia (Roma, 19-20 agosto 2000), che riscatta tutte quelle dittature dove proprio i giovani sono i principali strumenti e vittime. In quello stesso Anno Santo, il Papa canonizza la sua conterranea Faustina Kowalska, la veggente della Divina Misericordia, in nome della quale Giovanni Paolo II, consacra l’omonimo santuario nei pressi di Cracovia. L’esperienza mistica di Santa Faustina sembra preludere ai tempi che viviamo oggi. Tempi segnati da nuovi terribili venti di guerra, di distruzione dell’umano e di eclissi della speranza, per i quali la “medicina” più potente rimane proprio quella Misericordia, in nome della quale l’attuale Pontefice, Francesco, ha convocato un Giubileo. E sarà proprio durante l’Anno Santo straordinario che la Giornata Mondiale della Gioventù si terrà a Cracovia, con relativa visita del Papa in Polonia. Difficile pensare a delle coincidenze…
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