Anche i vescovi canadesi si dicono ”delusi” dalla ripresa dei lavori di costruzione del muro di separazione tra Israele e Palestina nella Valle di Cremisan, a Beit Jala. I lavori – come è noto – sono ripresi il 17 agosto, dopo il ‘nulla osta’ dato l’8 luglio dalla Corte suprema d’Israele, che pure nell’aprile scorso si era espressa in difesa delle 58 famiglie palestinesi residenti nell’area, bloccando il progetto al termine di una lunga battaglia legale.
Il muro è un’ingiustizia che minaccia la pace
In un comunicato diffuso il 20 agosto, il segretario della Conferenza episcopale canadese (CECC/CCCB) mons. Patrick Powers riprende la nota ufficiale del Patriarcato latino di Gerusalemme, che il 19 agosto aveva condannato fermamente l’operazione israeliana “effettuata in violazione dei diritti delle famiglie della valle”, ribadendo che “la costruzione del muro di separazione e la confisca delle terre che ne consegue sono un insulto alla pace”. Il Patriarcato aveva quindi rivolto un appello alle autorità israeliane affinché fermino i lavori ed attendano la decisione richiesta pochi giorni fa alla Corte Suprema da parte delle famiglie cristiane della valle.
Le proteste della Chiesa in tutto il mondo rimaste inascoltate
Oltre ai terreni di queste famiglie, l’area su cui deve sorgere il muro comprende anche un monastero e un convento salesiani, con annessa una scuola elementare. Con la costruzione del Muro, le due strutture salesiane resteranno in territorio palestinese, mentre i terreni delle famiglie cristiane finiranno nella parte israeliana. Le proteste dei vescovi di tutto il mondo, a cominciare da quelli di Terra Santa, fino a questo momento sono rimaste inascoltate. Israele ha giustificato l’espansione della barriera di cemento armato con motivi di sicurezza, ma per molti l’obiettivo di Tel Aviv è quello di collegare le colonie – illegali secondo il diritto internazionale – di Gilo e Har Gilo, separandole dalla cittadina palestinese di Beit Jala.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana