C’è feeling tra arte, fede e bellezza? Certo che c’è e i risultati sono a dir poco sorprendenti!, hanno risposto in coro teologi, artisti, critici d’arte, architetti, vescovi e cardinali al recente convegno nazionale dell’Orp (Opera Romana Pellegrinaggi).
Sollecitati fin dal titolo, Il pellegrinaggio: Fede e Bellezza, relatori e celebranti hanno messo a fuoco lo stretto legame che – fin dagli albori della cristianità, come dimostrano le opere pittoriche e scultoree ritrovate nelle catacombe – c’è tra le più svariate forme artistiche e la ricerca della fede.
Tra i più convinti sostenitori dell’esistenza di un filo diretto tra bellezza e spiritualità, c’è stato uno dei più noti critici d’arte contemporanei, il professor Vittorio Sgarbi, per la prima volta invitato da un ente del Vaticano a parlare ad una platea di circa 500 uditori formata da sacerdoti, vescovi, suore e cardinali. Un evento nell’evento che il critico ha egregiamente cavalcato con garbo, con qualche tratto di ironia tipica del suo linguaggio, ma soprattutto con grande rispetto per il tema affrontato, descrivendo alcune delle opere più significative di uno dei più grandi artisti rinascimentali, Caravaggio, senza tuttavia trascurare alcuni artisti caravaggeschi autori di significative opere sacre.
“L’arte – è la tesi portante di Sgarbi – è un veicolo privilegiato di bellezza, ma anche di fede e di spiritualità. E viceversa. Un veicolo che ha nel cristianesimo l’espressione più alta perché è l’unica religione che ha un Dio che si fa uomo con l’incarnazione del proprio figlio Gesù Cristo, diventando volano ed ispirazione di forme, immagini, espressioni di bellezza che, attraverso il linguaggio artistico, toccano sia l’umano che il Divino”.
La relazione di Vittorio Sgarbi viene introdotta dalla lettura di monsignor Liberio Andreatta, amministratore delegato Orp, di passi di lettere agli artisti scritti da Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e papa Francesco come “prova” della “grande attenzione che questi pontefici hanno avuto per l’arte”. Riferimenti che Sgarbi fa subito fatto propri presentandosi come “un pellegrino instancabile dell’arte” che ha sempre avuto per il cristianesimo “profondo rispetto” perché “è la fede che anche attraverso l’arte è in grado di arrivare alla plastica dimostrazione dell’esistenza di Dio”, come – ricorda – già sosteneva Niccolò Tommaseo nel libro Fede e Bellezza. “Nel cristianesimo – è il ragionamento del critico – Dio si fa uomo; è accanto all’uomo” diventando, così, naturale fonte di ispirazione artistica.
E come prova trasforma la sua relazione in una vera e propria lectio magistralis scandita dalle opere descritte nel suo ultimo libro Dall’ombra alla luce, da Caravaggio a Tiepolo. Una lectio con cui il critico descrive la forza artistico-spirituale che è possibile cogliere in Caravaggio, senza tuttavia dimenticare alcune delle più significative opere dei suoi allievi, i caravaggeschi, “che hanno avuto sempre un fecondo rapporto tra fede e arte”. “Nel San Matteo nella locanda – racconta Sgarbi – Cristo, nella rappresentazione del Caravaggio, quasi non c’è perchè è delineato in tutta la sua umanità”. Grazie al cristianesimo, la “divinità di Gesù, figlio di Dio, è incentrato in tutta la sua umanità e questo – sostiene il professore – consente agli artisti di concepire infinite immagini sacre, a partire dal volto di Cristo”, come stanno a dimostrare le opere, ad esempio, di un Cavallini e di tutti gli altri grandi e meno grandi nomi che hanno calcato le scene artistiche nelle varie epoche.
Ma per dimostrare che “la bellezza serve alla fede, più che la fede serve alla bellezza”, Sgarbi si rifà alla Sette Opere di Misericordia del Caravaggio “dove il bello emerge dalla rappresentazione delle condizioni umane più misere e disperate, con la presenza di una Madonna con il Bambino piuttosto defilata, ma dove l’uomo diventa come Dio perché aiuta l’altro uomo più debole e disperato”. Non meno significativi i legami tra fede, arte e bellezza che si “colgono anche in opere di scuola caravaggesca come la Lotta tra Giacobbe e l’Angelo del Morazzone, dove – sottolinea il critico – l’uomo-Giacobbe incontra Dio attraverso la lotta con l’Angelo del Signore, un’opera di alta tensione mistica simile anche alla tensione che emana il quadro della Maddalena. Ma anche nella sobria bellezza del Davide che con apparente distacco sconfigge Golia di Tanzio da Ravallo”. Ma il trinomio arte-fede-bellezza emerge pure in opere più mistiche, anche se dotate di grande umanità, come il Trionfo della Divina Sapienza di Andrea Sacchi o il San Sebastiano di Mattia Preti, che presenta il martire con espressione serena, fonte di luce e di bellezza.
Opere e autori di epoche diverse, ma legate da un comune denominatore che fa “della bellezza lo strumento più alto delle fede, fino a poter dimostrare che Dio c’è”, conclude Sgarbi tra gli applausi dei tanti preti, vescovi e suore che lo hanno seguito con sorprendente partecipazione. Miracolo di stampo tutto sgarbiano sulla scia di arte, fede, spiritualità e pellegrinaggi all’ombra del Cupolone di Santa Romana Chiesa.
Orazio La Rocca
Giornalista Panorama
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