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Cristiani bruciati vivi in Pakistan. Tauran: barbarie, non restare passivi

La Santa Sede interviene sulla tragica vicenda dei due giovani sposi cristiani, genitori di 4 figli, bruciati vivi in Pakistan da una folla inferocita. La coppia era stata ingiustamente accusata di blasfemia da un leader religioso musulmano. Ascoltiamo il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, al microfono di Hélène Destombes per la Radio Vaticana:

R. – Sono scioccato, si rimane senza parole, ovviamente, di fronte ad un atto di tale barbarie. Quello che è ancora più grave è che è stata invocata la religione, in modo specifico. Ora, una religione non può giustificare crimini di questo genere. Esiste questa legge sulla blasfemia, che rappresenta un problema: la comunità internazionale, non dovrebbe intervenire? Da un lato, ci sono certamente le convinzioni religiose che vanno rispettate, ma è necessario anche salvaguardare un minimo di umanità, di solidarietà. Credo pertanto che il dialogo si imponga: purtroppo, non lo si ripete mai abbastanza spesso. Più delicata è la situazione, tanto più si impone il dialogo.

D. – Lei pensa che si possa richiedere un intervento della comunità internazionale, nello specifico delle Nazioni Unite?
R. – Io chiedo: si può rimanere così passivi di fronte a crimini dichiarati legittimi dalla religione?

D. – Questo fatto tragico non fa che aggiungersi a tanti altri …
R. – Dall’anno in cui è stata introdotta la Legge sulla blasfemia, ci sono state circa 60 esecuzioni. E questa cosa non tocca soltanto i cristiani: sono colpite anche altre minoranze, come avvocati, oppositori al regime che sono stati uccisi in maniera barbara. Ci si trova quindi di fronte ad un grande problema …

D. – Molti cristiani si trovano, attualmente, nei bracci della morte del Pakistan: pensiamo, ovviamente, anche ad Asia Bibi, ma ce ne sono tanti altri. Oggi sarebbe veramente necessaria un’azione per sollecitare la riforma di questa legge …
R. – Sì, ma al punto al quale siamo ora, non si può intervenire negli affari interni di uno Stato, ma almeno bisogna aiutare i responsabili della politica a trovare soluzioni degne dell’uomo e della civiltà.

D. – La Commissione della Giustizia e della Pace del Pakistan ha reagito a questo dramma, denunciando una mancanza di volontà da parte della politica e affermando che tutto questo rende le minoranze ancora più vulnerabili …
R. – Penso che, effettivamente, la Chiesa locale sia molto coraggiosa. Bisogna sostenerla e soprattutto denunciare, denunciare vigorosamente che non c’è alcuna giustificazione a questo genere di cose. In fondo, viene umiliata l’umanità intera …

D. – Molte sono le voci che si sono levate per denunciare la mancata reazione del governo e una certa complicità da parte delle forze di polizia e dei tribunali …
R. – Sì, anch’io l’ho sentito dire; non ho gli elementi per affermare questo o per confermarlo, ma è certo che ci sia – incontestabilmente – una connivenza. A quale livello, questo non lo so. In ogni caso, sono dell’opinione che si debba denunciare pubblicamente questo tipo di atteggiamento, soprattutto perché i nostri cristiani percepiscano la solidarietà della Chiesa, che è la loro famiglia.

D. – Lei si aspetta una reazione da parte dei leader musulmani? Si aspetta che si esprimano di fronte a queste azioni?
R. – Lo spero. Lo spero bene! Questo è quello che avevamo auspicato già nello scorso agosto … Per quanto, bisogna riconoscere che le prime vittime sono i musulmani, perché questi crimini danno all’islam un’immagine terribile, molto negativa. Quindi, avrebbero tutto l’interesse a denunciare, e anche in maniera forte …

D. – Si tratta di un’atmosfera tesa, come non ne ha conosciute, finora?
R. – No, mai. Credo che siamo arrivati al parossismo, a quello che San Paolo definisce “il mistero dell’iniquità”, cioè il male allo stato puro. Nemmeno gli animali si comportano in questo modo! Ci troviamo veramente in un’epoca di precarietà totale, in cui tutto può accadere, la persona umana non è rispettata, la vita non conta niente …

D. – Come, in quanto cristiani, conservare la speranza in questo contesto, e come – anche – aiutare queste popolazioni che vivono situazioni estremamente drammatiche, che subiscono violenze ogni giorno?
R. – Con la solidarietà. Ci sono anche cose molto belle che si realizzano sul terreno. Per esempio, ho visitato una famiglia musulmana che ha accolto una famiglia cristiana; a Baghdad, ancora, i Padri Domenicani hanno istituito l’Accademia delle scienze sociali, in piena guerra. Ci sono anche cose molto belle che si realizzano … credo che sia necessario puntare sulla fratellanza, che è stato il tema della Giornata mondiale della pace …

A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana

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