R. – Noi ci troviamo ad affrontare questa situazione. Il patriarca e noi vescovi ora ci troviamo al nord e stiamo cercando di analizzare questo problema grave, gravissimo. Ci chiediamo come mai accadono queste cose contrarie alla dignità dell’uomo? Contro Dio, contro l’uomo… Stamani, siamo andati dal presidente del Kurdistan e lui ci ha promesso tante belle cose. Ha detto: “Noi, o ce ne andiamo tutti insieme, o tutti insieme rimaniamo. Bisogna tagliare la strada a questa gente, che non sono uomini di coscienza perché fanno queste cose terribili contro tutti: contro i bambini, contro i vecchi, contro i malati…”. Ci ha assicurato la loro protezione per i cristiani. Dove è il rispetto dei diritti dei cristiani? Bisogna dire a tutto il mondo: Perché state zitti? Perché non parlate? I diritti umani esistono, o no? E se ci sono, dove sono? Ci sono bambini, bambini piccoli, ai quali strappano le medicine dalle mani e li gettano a terra… E’ così in tanti, tanti casi! Vogliamo prima di tutto smuovere la coscienza di tutto il mondo: dov’è l’Europa? Dov’è l’America?
D. – Che dire della popolazione? Si tratta di attacchi di estremisti – di questo cosiddetto gruppo Isis – ma la popolazione irachena come vive questo attacco ai cristiani?
R. – Fino ad alcuni giorni fa, anche loro hanno taciuto, come il mondo intero. Però, adesso si stanno muovendo anche loro perché noi abbiamo chiesto loro di fare qualcosa: sono 1400 anni che viviamo insieme.
D. – Mons. Warduni, ha qualcosa da aggiungere?
R. – Io voglio dire soltanto: cari amici, uomini di tutto il mondo, gridiamo a voi, fate qualcosa almeno per la tutela dei diritti umani! Cercate di dire a tutti di fare la pace, di non vendere le armi. E, soprattutto, oggi abbiamo sentito che tra questi [guerriglieri – ndr] ce ne sono oltre 2.000 provenienti dall’Europa…
D. – Sono mercenari…
R. – Sono mercenari, persone che vengono dall’Europa! E questo ci ha fatto molto male e ci ha sorpresi molto. Come mai, un belga, uno svizzero dovrebbe arrivare? Duemila persone per combattere contro cristiani innocenti… Comunque, noi preghiamo per tutti, preghiamo per la pace e chiediamo a voi tutti di pregare per la pace e la sicurezza della gente che non ha acqua, non ha elettricità, non ha tante cose… E queste persone hanno bisogno del vostro aiuto, di voi tutti!
“I cristiani iracheni di Mossul hanno più diritto di noi alla loro terra e alle loro case. Abitano la città da prima dell’arrivo dell’islam e noi abbiamo il dovere di proteggerli”. A parlare così è lo scrittore iracheno, Younis Tawfik, musulmano sunnita, nato a Mossul e in esilio in Italia dal 1979. Fabio Colagrande, della Radio Vaticana gli ha chiesto di commentare le persecuzioni dei cristiani attuate in Iraq, e in particolare a Mossul, dai jihadisti dell’Isis:
R. – E’ una ferita molto, molto, molto profonda… Io sono venuto in Italia grazie ad un amico cristiano, mio maestro, il dr. Yousuf Habbi, che mi ha insegnato ad amare la Divina Commedia e il rapporto tra Oriente e Occidente. Quindi, è stato grazie ai cristiani d’Oriente che io ho scelto l’Italia e sono venuto qui. E dunque, quando sento di queste persecuzioni è un grande dolore. A parte che io me l’aspettavo, perché questa è la conseguenza chiara di un governo corrotto, fallito, che non è riuscito a portare avanti il progetto della democratizzazione del Paese. Ma ricordiamo molto bene che i cristiani iracheni hanno giocato un ruolo importante attraverso i secoli per la crescita dell’Iraq: i maggiori scrittori, artisti, medici, scienziati erano di fede cristiana e hanno saputo valorizzare tutta la cultura araba. Ricordiamo che i primi dizionari moderni della lingua araba, i primi studi sulla cultura araba, sono stati fatti per mano dei cristiani d’Oriente, per cui loro hanno dato molto, sono stati molto generosi.
D. – Ci sono stati gesti di solidarietà da parte dei cittadini musulmani nei confronti dei cristiani perseguitati?
R. – C’è molta solidarietà, ma purtroppo la gente non può fare niente perché, ad esempio, i miei stessi familiari erano stati costretti a lasciare le loro case, poi sono rientrati ma come fossero prigionieri nelle loro stessa città. Dunque, c’è molta solidarietà ma purtroppo nessuno fa qualcosa per mettere fine a questo nuovo dramma. Io oso dire che i cristiani iracheni di Mossul hanno più diritto di noi musulmani alla loro terra, alle loro case, perché abitavano a Mossul ancora prima dell’arrivo dell’islam e di alcune tribù arabe provenienti da diverse parti della penisola arabica. Dunque, noi abbiamo il dovere morale ed etico di tutelarli e di proteggerli. C’è proprio un comunicato ufficiale che io ho tra le mani, dell’Ente dei dotti musulmani a Mossul, che condanna fermamente questa azione dell’Isis e la considera contraria ai principi dell’islam. Per cui, non ha nulla a che fare con i principi di accoglienza, di ospitalità e di cittadinanza che la nuova lettura, la nuova interpretazione dell’islam ovviamente ripudia. Non siamo più all’epoca dell’Impero ottomano: oggi, siamo cittadini di un Paese del quale questi nostri concittadini cristiani fanno parte e anzi, come dicevo prima, hanno più diritto di noi di rimanerci. Ho letto anche adesso, su Facebook, una lettera che mi ha scritto un mio amico, un grande scrittore cristiano iracheno, che mi racconta un dramma allucinante di queste persone che sono state cacciate via dalle loro case. Oggi, ho visto anche immagini del quartiere, soprattutto del quartiere cristiano di Mosul, completamente vuoto. Le case sono segnate con la lettera “N” … Questo è incredibile, mai successo nell’epoca moderna e deve essere condannato, ma condannato non solo dall’Ente dei dotti dell’islam di Mosul, ma anche dalle istituzioni islamiche internazionali e dai governi arabi, islamici… Poi, qualcuno deve muoversi per mettere fine a questo dramma.
D. – Qual è la posizione della popolazione musulmana nei confronti di questo cosiddetto “califfato”, che si è autoproclamato?
R. – Non è più epoca di un califfato del genere. Nessuno ha il diritto di acquisire questo titolo, perché nessuno ha i requisiti per essere un califfo. Noi sappiamo quali siano i principi di un califfato: per questo, non si può instaurare un califfato così, campato in aria. E non è visto molto bene da nessuno, nemmeno dai salafiti – io conosco alcuni dei Fratelli musulmani – né da altri, perché un califfato oggi non può sorgere, non ci sono i requisiti per la nascita di un califfato. Oltre che questo tipo di califfato, come abbiamo notato, è un califfato tra virgolette, è un’organizzazione criminale.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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