ROMA – Da due giorni, è aperta sul sito del Ministero dello Sviluppo economico la consultazione pubblica della bozza del primo Codice di autoregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del “cyberbullismo”, elaborata dal governo con istituzioni e operatori del web. Fino al 24 febbraio, soprattutto gli utenti, esclusi dal tavolo ministeriale, potranno intervenire sul testo per modifiche e osservazioni. Ma le Associazioni restano critiche.
Eccessivo “cyberbullismo” e aggressività online tra minori e dunque necessità di rafforzare la tutela di questi ultimi. Queste, in sintesi, le premesse della bozza del Codice di autoregolamentazione, per ora composto di soli cinque articoli. Gli operatori aderenti, si legge, si impegnano ad adottare meccanismi di segnalazione di episodi pericolosi che siano nella pagina web visibili, semplici e diretti, affinché i bambini e gli adolescenti li possano utilizzare. L’intenzione è buona, anche se il danno al momento della segnalazione – osserva Luca Borgomeo del Consiglio nazionale utenti – è ovviamente già avvenuto:
“Se ne riduce la portata, perché una cosa è che rimanga sul sito due ore, cinque ore, sei ore, e una cosa è che rimanga invece per sempre. Questo è evidente”.
La bozza del Codice prevede, infatti, anche risposte efficaci, come la rimozione entro due ore del materiale lesivo segnalato o il suo immediato oscuramento. Fatto positivo anche questo, ma rischia di essere inefficace data l’assenza totale nella bozza di vere sanzioni, in caso di mancato rispetto delle regole. Ancora Luca Borgomeo:
“Multe, sanzioni economiche, limitazione delle licenze… E’ possibile pensare che un regolamento abbia come ‘sanzione’ il richiamo? Lei si immagina che Google o un altro provider sia richiamato? Questo è il dato. Anche l’utente si sentirebbe maggiormente tutelato. E poi vai a vedere: non fanno neanche più la denuncia, come sta avvenendo in televisione”.
Unico correttivo il coinvolgimento effettivo degli utenti: oggi, forse, attraverso la consultazione pubblica aperta per 45 giorni, per evitare che questo Codice rimanga uno tra i tanti, senza rapporto con la realtà:
“Hanno chiamato solo gli operatori e non gli utenti: non coloro cioè che rappresentano le persone che denunciano i fatti di cyberbullismo. Non c’è, nel Paese, una cultura dell’utenza”.
Il servizio è di Gabriella Ceraso per la Radio Vaticana (anche in file audio):