Categorie: Corpus et Salus

Vivo da 59 anni in un polmone d’acciaio ed ogni giorno dico: ‘Grazie Signore perchè ci sono!’

Giovanna Romanato aveva dieci anni quando la poliomielite le ha causato, tra l’altro, una gravissima insufficienza respiratoria. La 69enne genovese sta distesa sul letto di giorno, attaccata al respiratore, e di notte nel cilindro metallico. Ma la sua vita è piena.

Nella foto in alto nell’articolo Rosanna Benzi (1948-1991). Un ricordo ed una preghiera per lei.

© Copyright: Stefano Dal Pozzolo/Contrasto




Giovanna esce ogni mattina verso le 11 e rientra verso mezzanotte. Esce dal polmone d’acciaio che le consente di respirare da 59 anni e ci rientra per dormire, ormai abituata a quel rumore sordo e costante. Esce per essere trasportata da un elevatore a un metro di distanza, sul suo letto. In una camera piccola, che si allarga incredibilmente per accogliere amici in visita. Aveva dieci anni quando la poliomielite le ha dato come indesiderato compagno di vita il polmone d’acciaio. Con serenità straordinaria la 69enne genovese sta distesa sul letto di giorno, attaccata al respiratore, e di notte nel cilindro metallico persone che l’assistono giorno e notte.

“Le mie giornate non sono mai uguali”, dice con un sorriso, lo sguardo fisso sulla persona che le parla. Nella sua fragilità, appare granitica e in pace con se stessa. E attenta alle vite che incrociano la sua: il polmone d’acciaio e la sua tetraplegia non riempiono i confini del suo mondo.

C’è spazio, in quella sua casa genovese al quarto piano senza ascensore, per i giocatori della Sampdoria (di cui è tifosissima) e Lorella Cuccarini, per il suo gatto Fiocco e la signora Teresa, che da 20 anni si prende cura di lei “come una seconda mamma”, dice. A causa del suo diaframma fuori uso, Giovanna ha bisogno di quel macchinario ingombrante per poter respirare. Modello 1963, le è affezionata e lo trova migliore di un nuovo tipo che le avevano proposto: è abituata così, ad avere quel collare con la gomma piuma a tenuta stagna intorno al collo. Ci tiene a farsi pettinare i suoi lunghi capelli ancora castani, chiede di essere truccata con un po’ di rossetto e di ombretto (lo smalto perlato sulle unghie, un must), di indossare maglie color pastello e i suoi anelli. Muove a fatica una sola mano, con cui riesce a scrivere al pc, usare il telefono e anche WhatsApp. Gli occhi vivacissimi e luminosi, sempre. Anche con un filo di voce, come racconta l’intervista pubblicata sul magazine SuperAbile Inail.

Ricorda la prima volta che è entrata nel polmone d’acciaio?
A dieci anni, quando una poliomielite mi ha provocato un’infezione acuta con la paralisi delle gambe e delle braccia, insieme a una gravissima insufficienza respiratoria. Ancora non esisteva il vaccino anti-polio. Mi ricoverarono d’urgenza all’ospedale “Gaslini” e suor Luigia mi disse che mi avrebbero messo nel polmone d’acciaio, rassicurandomi: “Dopo ti sentirai meglio”. Ogni tanto chiedevo a mia madre: “Potrò tornare a correre?”, ma dentro di me sapevo che non sarebbe stato possibile. Me ne rendevo conto da sola, senza bisogno di spiegazioni.

Quali erano i suoi sogni di bambina?
Avrei voluto fare la hostess e la mamma. Sono diventata amica e un po’ madre di tante persone che in questa camera – venendo a trovarmi – si sono incontrate e anche fidanzate, sposate. Ricordo Davide e Stefania, Federico e Mariangela… Ma non è la stessa cosa.
Non si è mai chiesta “perché proprio a me”? Non ha provato ribellione? Non mi sono mai sentita arrabbiata con Dio, né con gli altri. La mia situazione, al contrario, ha acuito la voglia di vivere e l’amore per la vita. Anche grazie a mia madre Maria, che è stata meravigliosa e si è dedicata completamente a me, fino alla sua morte. Vorrebbe aver viaggiato? A Londra ci sono stata sei volte, grazie a un mio amico che mi ha raccontato tutto della città. Anche ad altri amici chiedo di condividere con me i ricordi dei loro tour all’estero, con le parole e con le fotografie. Provo a immedesimarmi negli altri. Poi con Internet posso leggere al computer le e-mail e in tv vedere documentari. Leggo molto e telefono. Il tempo passa velocemente.

Giovanna con Lorella Cuccarini




I motivi di gioia nella sua giornata? Delle notizie che vede in tv e che legge, quali la feriscono?
Le guerre: proprio non funzionano. Di politica non me ne intendo, ma anche su quel fronte andiamo molto male. Mi sembra che oggi la gente sia più egoista che in passato. E rimango senza parole davanti ai suicidi: a chi non trova un senso per vivere vorrei dire che ci sono tanti motivi per non togliersi la vita, ma in quei momenti drammatici penso che la persona non riesca a ragionare lucidamente. Con la salute pensi che sia più facile superare i problemi, ma chi ha la salute non se ne rende conto. Poi mi ha colpito l’omicidio del piccolo Loris Stival, morto il 29 novembre 2014 a soli otto anni: non so come si possa far soffrire così un bambino. Soffro nel veder trattare male gli animali, figuriamoci i bambini…

Sono felice quando qualcuno viene a trovarmi.

Un momento più difficile di altri?
La morte di mia madre: mi sono sentita persa. E a volte sono preoccupata di non riuscire ad andare avanti con la mia pensione: le spese sono tante. Ho diritto di vivere, come tutti. Se vivessi in ospedale, costerei molto di più alla sanità pubblica.

Oggi che bilancio fa della sua vita?
Non ho mai chiesto un miracolo. Vorrei solo che ci fosse il bene per chi amo. E morire prima del mio Fiocco.


S’intitola “La farfalla nel bozzolo d’acciaio” il volume scritto dal giornalista Enzo Melillo e pubblicato da De Ferrrari (120 pagine, 12 euro).

Un libro-intervista a Giovanna Romanato con la prefazione di Lorella Cuccarini e un ampio inserto fotografico, che anzitutto “vuole testimoniare un esempio di vita luminosa nonostante il buio della malattia”, e al tempo stesso aiutare concretamente Giovanna: i diritti d’autore sono devoluti a lei.

Per acquistarne una copia, tutte le informazioni su Giovannaromanato.org. (Laura Badaracchi)




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Fonte: Redattore Sociale
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Guarda i commenti

  • Quella nella foto in alto è Rosanna Benzi (1948-1991). Sarebbe corretto mettere una didascalia e doveroso nominarla.

  • meno male che la scienza ha debellato questa orribile malattia (almeno finchè gli antivaccinisti non vieteranno la scienza)

  • Da queste meravigliose splendide persone abbiamo tanto da imparare! Purtroppo poi ci dimentichiamo .Per questo voglio acquistare il libro,devo trovarlo assolutamente così ogni tanto lo leggo PER NON DIMENTICARE QUESTO GLIELO DOBBIAMO A GIOVANNA E ALTRI COME LEI!!GRAZIE grazie davvero !!!!

  • Cara Giovanna, sono le sei e quarantasei di mercoledì 26 Aprile 2016, ho appena finito di leggere la tua intervista al periodico Papaboys. Non conoscevo la tua storia. Mi sono avvicinato al computer, questa mattina, per godermi i commenti su tre avvenimenti sportivi che tra domenica e lunedi scorsi mi hanno reso immensamente felic: la vittoria di Valentino Rossi a Jerez,in Spagna, la vittoria della Squadra di Calcio del Benevento(la mia città di origine, ma da quarntasei anni vivo a Milano per lavoro)contro il Martinafranca. Ci manca un punto per conquistare, per la prima volta, la Serie B (sabato prossimo, se riuscirò a trovare i biglietti per me e mio figlio Armando, saremo a Benevento a festeggiare lo storico avvenimento. La tua foto, la tua storia mi hanno subito coinvolto emotivamente. Ho dato, quindi, più importanza e attenzione alla tua intervista.Giovanna, anch'io ho 69 anni. Il 10 Giugno prossimo compirò 70 anni.Dopo la lettura dell'intervista, ho detto tra me: Giovanna è da annoverare come quarta gioia del mio fortunato 2ponte" sportivo. Giovanna tu sei una campionessa. Per quanto mi riguarda tu hai segnato un goal capolavoro, hai vinto un Gran Premio di Moto GP, un Gran Premio di Formula uno, un Campionato Mondiale di Ciclismo, sei Olimpica nei cento metri e in tante altre discipline. E il mio cuore gioisce, si emoziona, produce qualche lacrimuccia per tutti questi tuoi traguardi conquistati. Giovanna, la tua storia, la tua foto mi ha fatto rimbalzare agli occhi la storia di un mio grande amico con il quale ho percorso tanti tanti chilometri di corsa, quando stava bene in salute,sul percorso vita, situato all'interno del "Vecchio Campo Giuriati" di Milano (Città Studi).Anche Ambrogio, come te, è stato un grande Campione di vita. Ha subito per circa quindici anni (praticamente dall'incidente alla sua morte) il tuo stesso atroce destino. Ma, come te, ha lottato strenuamente, ha saputo dare, comunque, un senso alla sua vita. Siete due veri Campioni ! Di corsa andrò a comperare il tuo libro. Meraviglioso quel tuo messaggio che invii alle persone che scoppiano di salute e pensano al suicidio. Il grido di dolore nei confronti delle guerre assurde; della gratuita violenza tra gli uomini; la scomparsa del rispetto perla persona umana, della solidarietà nei confronti del PROSSIMO.Un ideale abbraccio, Giovanna. Che grande atleta! Sarei felicissimo se a porti una medaglia d'oro aal petto fosse Papa Francesco.

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