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Da Bari Francesco alza la voce: “Il Medio Oriente non diventi una distesa di silenzio come Hiroshima”

Le parole di Francesco all’uscita del dialogo con i patriarchi nella basilica di San Nicola a Bari: «Basta alle occupazioni di terre che lacerano i popoli! Basta con le sfrenate corse al riarmo. La guerra è figlia del potere e della povertà»

«Basta usare il Medio Oriente per profitti estranei al Medio Oriente!». Al termine del dialogo a porte chiuse di oltre due ore nella basilica di San Nicola a Bari, dove i patriarchi di tutte le Chiese del Medio Oriente hanno discusso sulla situazione della regione, Francesco e i suoi ospiti liberano delle colombe in segno di pace. Il dialogo serrato si è aperto con una relazione di Pierbattista Pizzaballa, amministratore del patriarcato latino di Gerusalemm e, che ha affrontato il tema dei cambiamenti epocali – sia politici che religiosi – in corso nell’area. La devastazione delle recenti guerre, in particolare nella martoriata Siria, e il ruolo delle Chiese cristiane, che devono abbandonare qualsiasi “alleanza” con i poteri politici ed evitare di affidarsi a strategie umane e politiche di fronte all’emorragia che ha fatto fuggire oltre la metà dei loro fedeli.

Prima di liberare le colombe e di concludere con il pranzo in comune questo incontro senza precedenti per le sue modalità, il Papa ha preso nuovamente la parola, dicendosi grato per il momento di condivisione vissuto con i patriarchi. Bergoglio ha innanzitutto ricordato un aspetto fondamentale dello stile evangelico: la presenza dei cristiani in Medio Oriente sarà tanto più profetica quanto più sarà pacifica ed estranea alle logiche del mondo. «Anche il nostro essere Chiesa – ha detto Francesco – è tentato dalle logiche del mondo, logiche di potenza e di guadagno, logiche sbrigative e di convenienza.

E c’è il nostro peccato, l’incoerenza tra la fede e la vita, che oscura la testimonianza. Sentiamo di doverci convertire ancora una volta al Vangelo, garanzia di autentica libertà, e di farlo con urgenza ora, nella notte del Medio Oriente in agonia. Come nella notte angosciosa del Getsemani, non saranno la fuga o la spada ad anticipare l’alba radiosa di Pasqua, ma il dono di sé a imitazione del Signore».

È un richiamo significativo a non andarsene come pure a non invocare potenti “protettori” armat i, che si fonda su un’evidenza storica: la fede cristiana che ha avuto origine in Medio Oriente «ha conquistato il cuore dell’uomo lungo i secoli perché legata non ai poteri del mondo, ma alla forza inerme della croce». Bergoglio ha quindi sottolineato che il dialogo odierno «è stato un segno che l’incontro e l’unità vanno cercati sempre, senza paura delle diversità . C osì pure la pace: va coltivata anche nei terreni aridi delle contrapposizioni, perché oggi, malgrado tutto, non c’è alternativa possibile alla pace. Non le tregue garantite da muri e prove di forza porteranno la pace, ma la volontà reale di ascolto e dialogo». I cristiani si impegnano a favore l’arte dell’incontro perché «all’ostentazione di minacciosi segni di potere subentri il potere di segni» di speranza. Solo avendo cura che a nessuno manchino il pane e il lavoro, la dignità e la speranza, le urla di guerra si muteranno in canti di pace».

Per far sì che questo accada, «è essenziale che chi detiene il potere si ponga finalmente e decisamente al vero servizio della pace e non dei propri interessi. Basta ai tornaconti di pochi sulla pelle di molti! Basta alle occupazioni di terre che lacerano i popoli! Basta al prevalere delle verità di parte sulle speranze della gente! Basta usare il Medio Oriente per profitti estranei al Medio Oriente!

Francesco, interrotto dagli applausi, ha quindi denunciato «la piaga» della guerra che «tragicamente assale quest’amata regione. Ne è vittima soprattutto la povera gente. Pensiamo alla martoriata Siria, in particolare alla provincia Daraa

. Lì sono ripresi aspri combattimenti che hanno provocato un ingente numero di sfollati, esposti a sofferenze terribili. La guerra è figlia del potere e della povertà. Si sconfigge rinunciando alle logiche di supremazia e sradicando la miseria. Tanti conflitti sono stati fomentati anche da forme di fondamentalismo e di fanatismo che, travestite di pretesti religiosi, hanno in realtà bestemmiato il nome di Dio, che è pace, e perseguitato il fratello che da sempre vive accanto». Ma la violenza «è sempre alimentata dalle armi. Non si può alzare la voce per parlare di pace mentre di nascosto si perseguono sfrenate corse al riarmo. È una gravissima responsabilità, che pesa sulla coscienza delle nazioni, in particolare di quelle più potenti».

«Non si dimentichi il secolo scorso – è il grido del Pontefice – non si scordino le lezioni di Hiroshima e Nagasaki, non si trasformino le terre d’Oriente, dove è sorto il Verbo della pace, in buie distese di silenzio. Basta contrapposizioni ostinate, basta alla sete di guadagno, che non guarda in faccia a nessuno pur di accaparrare giacimenti di gas e combustibili, senza ritegno per la casa comune e senza scrupoli sul fatto che il mercato dell’energia detti la legge della convivenza tra i popoli!».

Francesco chiede che siano tutelate «tutte le presenze» nella regione, «non solo quelle maggioritarie». E invoca che «anche i cristiani sono e siano cittadini a pieno titolo, con uguali diritti». Non manca un accenno a Gerusalemme, la cui identità va preservata «al di là delle varie dispute e tensioni, e il cui status quo esige di essere rispettato secondo quanto deliberato dalla Comunità internazionale e ripetutamente chiesto dalle comunità cristiane di Terra Santa». Solo «una soluzione negoziata» tra israeliani e palestinesi, «fermamente voluta e favorita dalla Comunità delle nazioni, potrà condurre a una pace stabile e duratura, e garantire la coesistenza di due Stati per due popoli».

Il Papa ha parlato anche dei bambini: «Non dimentichiamo i bambini! E pensando ai bambini, tra poco faremo librare in aria, insieme, tutti, ad alcune colombe, il nostro desiderio di pace. I n Medio Oriente, da anni, un numero spaventoso di piccoli piange morti violente in famiglia e vede insidiata la terra natia, spesso con l’unica prospettiva di dover fuggire. Questa è la morte della speranza. Gli occhi di troppi fanciulli hanno passato la maggior parte della vita a vedere macerie anziché scuole, a sentire il boato sordo di bombe anziché il chiasso festoso di giochi. L’umanità ascolti – vi prego – il grido dei bambini». Asciugando «le loro lacrime che il mondo ritroverà la dignità». Il Medio Oriente, conclude Francesco, «non sia più un arco di guerra teso tra i continenti, ma un’arca di pace accogliente per i popoli e le fedi».

Al termine del suo discorso, il Papa e i patriarchi si trasferiscono tutti insieme, sul pullmino come all’andata, verso l’arcivescovado per il pranzo in comune tutto basato su prodotti tipici pugliesi. Alla lunga tavola bianca, decorata con alcuni fiori, Francesco siede tra il papa copto Tawadros II e l’arcivescovo di Bari Francesco Cacucci, davanti c’è il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo. Alle 15.30, il Pontefice si congederà dai suoi ospiti, alcuni dei quali rimarranno ancora a Bari, e prima di salire in elicottero saluterà le autorità. Il rientro in Vaticano è previsto intorno alle 17.
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di Andrea Tornielli per Vatican Insider

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