Okay, Monsignore, ora lo sappiamo. Lo sappiamo noi, loro, lo sanno tutti. Pure la Santa Sede che, per voce di Padre Federico Lombardi, risponde con uno schiaffo: “Da Mons. Charamsa un gesto non responsabile, dovrà lasciare gli incarichi”.
La chiesa ha ascoltato, e gli toglie gli incarichi. Poteva non farlo? Lo sa tutto il condominio direbbe una signora che conosco.
Quando volano le urla, si alzano i toni, purtroppo si alzano le mani e volano gli schiaffi. Non va bene, anzi va malissimo, ma succede quando si grida. A casa della signora che conosco partono le paghette e i permessi di uscita, qui partono gli incarichi. È sempre sbagliato urlare? No, anzi, a volte è doveroso: se si sta subendo violenza, per esempio, ben vengano le grida. “Maledetto il giorno in cui non ho urlato”, dicono le vittime di pedofilia. È questo il caso di Charamsa? Non lo so, lo sa lui.
Io, da parte mia, ricordo le mie urla e le mie verità sbattute in faccia nei momenti più delicati. Quando tiriamo la verità in fronte a qualcuno noi pensiamo che la stiamo usando bene ma è un errore: l’ho provato sulla mia pelle di ragazzo e anche di uomo. Perché la verità è sempre anche delicatezza, prudenza, opportunità, generosità, rispetto, gentilezza. Se manca una di queste caratteristiche manca la verità e quando arriva all’altro, l’altro sanguina e volano parole e schiaffi.
Ma il Papa ha chiesto sincerità, potrebbe dire qualcuno. Ma dire la verità ed essere sinceri è la stessa cosa? Non lo so, non sempre, non se vuoi “usare la verità”. Neanche per avere ragione. Non c’è un modo giusto per usare bene la verità perché la verità non si usa mai. Neanche se hai ragione, neanche per avere ragione. La verità non si usa: al massimo si serve.
Ecco. Quando le acque si calmano, la mia amica prende il figlio o la figlia e chiede di ricominciare a parlare. Ma stavolta sul serio però: parlare e non urlare. Chiede di ascoltare ma sul serio: seduti, in una camera da parte o in una passeggiata a due. Verità e via insieme. Non solo metafore ma proprio te che parli, con la verità che sei, e io Chiesa madre che cammino con te.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da L’Huffingtonpost
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Credo che monsignor Krzysztof Charamsa se ha scelto la strada della sessualità viene meno al quel principio di castità richiesto per poter essere un ministro di cristo, questo al di la del fatto che sia gay o meno. Per principio di castità "richiesto" non si possono sposare i sacerdoti e tutte le cariche del clero, figuriamoci la convivenza gay. Viviamo in un modo libero per carità, ognuno può fare delle scelte, ma ci sono delle responsabilità sulle scelte fatte, quindi se Krzysztof Charamsa non ha abbastanza "fede" lasci la chiesa, senza creare troppe "polemiche per giustificarsi", ha scelto e non ha scelto continuare ad essere ministro di Cristo, non può stare con due piedi in una scarpa.