A cento anni dalla fondazione il Meg, Movimento Eucaristico Giovanile, si ritrova a Roma a partire da domani per un Incontro Internazionale che culminerà con l’udienza con il Papa venerdì 7 agosto. Il Movimento, promosso dai Gesuiti, è la sezione giovanile dell’Apostolato della Preghiera. Presente in 56 Paesi dei cinque continenti, conta oltre un milione e centomila aderenti tra i 5 e i 25 anni. “Perché la gioia sia con voi”, il titolo dell’appuntamento presentato oggi a Roma. Servizio di Francesca Sabatinelli:
Saranno 1500 i giovani di 38 delegazioni nazionali che da domani daranno vita a una settimana fatta di incontri, preghiere, conferenze, pellegrinaggi e anche di festa. Vivranno in totale comunione, con la gioia di ritrovarsi assieme, perché è proprio la ‘gioia’ il tema attorno al quale si sviluppa questo appuntamento. Ogni giorno sarà caratterizzato da un tema: da “La gioia di ritrovarci insieme” a “La gioia della missione” a “La gioia di essere il popolo di Dio”, e questo sarà il 7 agosto, giornata dedicata all’incontro con le prime comunità cristiane, con la visita alle Catacombe di San Callisto, ma soprattutto giorno dell’udienza con Papa Francesco, al quale i ragazzi rivolgeranno alcune domande. Ascoltiamo il padre gesuita Loris Piorar,responsabile del Meg Italia:
R. – In queste domande i ragazzi si mostreranno desiderosi di profondità, di intimità e di profondità. Le domande al Santo Padre avranno lo scopo di scoprire la profondità dell’Eucaristia. Sono delle domande che non chiedono delle nozioni, non chiedono solamente delle affermazioni, ma chiedono anche paradossalmente al Santo Padre di raccontare quasi un po’ anche se stesso, nel senso di poter dire quello che veramente gli sta a cuore. Sono domande che desiderano entrare in intimità con il Santo Padre. Un’altra domanda, che sarà sui giovani e la famiglia, non sarà su cosa è la famiglia, ma su come io giovane posso scoprire nella famiglia un luogo di amore e come io posso amare nella famiglia. Andare un po’ alle radici, in questo senso, alle radici di ciò che è la gioia, di ciò che è l’Eucaristia, di ciò che è la missione oggi. La cosa molto bella è che probabilmente ogni Paese coglierà queste risposte in maniera diversa, proprio perché la missione per ogni Paese, a seconda di dove si trovi, viene vissuta e percepita in maniera diversa. Sarà interessantissimo come il Santo Padre, consapevole di chi ha di fronte, potrà rispondere. Per noi sarà anche una cosa molto bella, perché queste domande che abbiamo scelto sono le domande che attraversano un po’ tutto il Meg mondiale, nella preparazione degli incontri. Le risposte del Santo Padre saranno, in un certo senso, quasi un testo di riferimento futuro per il Meg.
D. – Al di là delle domande che presenteranno i giovani, la grande sfida per loro veramente qual è? Se hanno paure, quali sono?
R. – La grande sfida è poter vivere quello che io vivo in una comunità che mi comprende, che mi permette di condividere, che mi ascolta, in una situazione esterna in cui questo non è magari il criterio fondamentale. Come tenere insieme queste due dimensioni? E penso che questa sia la grande sfida, forse in realtà la grande sfida della missione per i nostri ragazzi, poter dire: come io testimonio la mia fede, la mia condivisione, la mia interiorità, la mia intimità anche in un mondo che magari non solo non fa di questo un punto di forza, ma addirittura ne fa un punto di debolezza e di fragilità. Questi ragazzi del Meg sono ragazzi che hanno attenzione alla propria fragilità, alla propria sensibilità, però come viverla fuori dal movimento? Loro sanno che nel movimento hanno uno spazio di condivisione, ma come viverla fuori e come questa sia qualcosa che debba trovare un giusto equilibrio? Penso che questa sia una delle grandi paure che loro hanno.
D. – Si parla di 1.500 giovani di 38 delegazioni, provenienti quindi dai Paesi più disparati, saranno assenti purtroppo delegati di Paesi che vivono drammatiche situazioni socio-politiche. E questo è veramente, forse, l’unico grande rammarico…
R. – Sì, questo è, in un certo senso, un po’ l’amaro in bocca per quelli che vorrebbero venire, ma che per condizioni esterne a loro devono rimanere a casa. Ci hanno anche scritto con grande tristezza, specialmente da alcuni Paesi africani, dicendo: “Noi che vorremmo venire a fare questa esperienza, non possiamo perché ci sono tanti timori, anche verso di noi…”. Timori nel senso che è sempre un ragazzo proveniente da un certo Paese che viene in Europa e a volte le stesse ambasciate creano anche un po’ di difficoltà, perché un ragazzo che viene da un Paese che vive una situazione difficilissima è comprensibile che quando arriva in Europa possa anche desiderare, ed è successo nella storia, anche in questi eventi così grandi, di fermarsi. Il che è comprensibile se uno vive in situazioni difficili e non scontate come la nostra. Un momento molto bello sarà quando l’8 agosto, sabato sera, ci saranno alcuni ragazzi rifugiati del Centro Astalli dei Gesuiti, che racconteranno la loro storia a tutti i ragazzi. Eravamo alla ricerca di un grande testimone, ma trovare un testimone che unisse tutti era molto difficile: il rifugiato unisce tutti i Paesi, perché tutti i Paesi vivono questa dimensione del rifugiato, dello scontro di culture, delle difficoltà di accogliere. Ci sarà anche un ragazzo che è sbarcato a Lampedusa e questo sarà un momento molto bello!
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana