L’abbazia di Nostra Signora del Santissimo Sacramento, a Frattocchie, prende origine dalla soppressione dell’abbazia di Nostra Signora delle Catacombe di San Callisto, vicino Roma. I trappisti erano stati espressamente desiderati e chiamati da papa Leone XIII nel 1883 perché fossero i custodi di questi luoghi santi che costituiscono il celebre cimitero dei primi secoli della Chiesa accanto alla via Appia.
40 anni fa, padre José è entrato nel monastero dopo aver condotto una vita legata alla musica rock (è stato il batterista di importanti artisti argentini). Dio, ha sottolineato, trova l’uomo là dove sta. “Non fa come noi che prepariamo uno scenario. La mia esperienza personale è che Dio è venuto a cercarmi là dove mi trovavo. Non rinnego il passato, anzi, è stato il luogo che Egli ha scelto per incontrarmi”.
“Un giorno Gesù è passato di qui, mi ha detto ‘Seguimi’ e io ho accettato. Ho detto ‘Vado dietro a lui, che ha la verità e la vita”, ha raccontato padre José, oggi monaco trappista dell’Abbazia di Nostra Signora del Santissimo Sacramento.
Quando si è convertito aveva 24 anni. Un amico lo è andato a trovare una sera nel luogo in cui lavorava. Festeggiava l’anniversario di matrimonio con la moglie e lo ha invitato a casa a mangiare un pezzo di torta. La mattina dopo la coppia lo ha portato a Messa. “Mi hanno regalato la meraviglia della Messa”, ha raccontato emozionato.
All’epoca José non andava a Messa, mentre i suoi amici ci andavano tutti i giorni. Grazie a loro, Rolando e Mimí, quello che oggi è padre José Otero ha iniziato a far visita ai benedettini di Buenos Aires. “Lì c’è stata la mia conversione”, ha indicato. Come chi sa di essere amato, racconta che in un momento determinato ha dovuto scegliere tra portare avanti la sua professione ed entrare in monastero, optando per la seconda possibilità.
Gesù Cristo vive dove due o più si riuniscono nel suo nome
Circa la dinamica in monastero, padre José dice che la struttura della vita monastica è ordinare tutte le cose per avere il tempo necessario a favorire una vita di preghiera. Descrive tutto dando la priorità agli offici divini: “Alle 3.15 del mattino ci alziamo e preghiamo, veglia, lodi, nona, vespri, e la cosa più importante è la lectio divina”.
C’è anche il tempo per l’incontro fraterno, visto che la domenica si approfitta per parlare con i fratelli e passeggiare nel vigneto che hanno e nel quale producono del vino bianco.
Per padre José una delle necessità più grandi che ha il mondo di oggi è vedere la religione incarnata in un gruppo di persone, non in individui isolati. Un gruppo di persone che si dedichi a manifestare che il Vangelo è possibile, che Gesù Cristo vive dove due o più persone sono riunite nel suo nome.
Quando gli viene chiesto cos’è che lo spinge a scegliere tutti i giorni questa vita in monastero, dichiara che il suo rinnovamento quotidiano è l’incontro con Gesù nell’Eucaristia, conoscere la misericordia di Dio, che è conoscere la sua verità, sperimentare sulla propria carne il perdono.
“Penso che in cielo saremo costantemente a bocca aperta per tutte le novità che incontreremo in Dio”.
“Nell’Eucaristia quotidiana, insieme alla comunità, si sperimenta che Dio è con noi, come Egli ha promesso: ‘Sarò con voi fino alla fine del mondo’”.
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]
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