Si chiama Ways ed è nata dall’esperienza di Lynda e suo figlio Alex, con sindrome di Down. Dalla sfida di una famiglia nasce un progetto più ampio. “Bisogna mettere i ragazzi in mezzo alla società. Ogni volta che un ragazzo lavora è un piccolo pregiudizio che cade”.
Alex è un uomo di 30 anni che lavora al Bioparco di Roma. Guida il motorino e vive da solo, anzi con la sua fidanzata. Non accetta appellativi o soprannomi e vuole essere chiamato con il suo nome. Alex è affetto dalla sindrome di Down ed il percorso di crescita da lui intrapreso è stato possibile grazie soprattutto alla tenacia di Lynda, la madre.
La storia di Alex e Lynda. Lynda ha sempre cercato di regalare l’autonoma ad Alex e non si è mai accontentata di accettare i limiti che la concezione della sua disabilità pretende di imporre. Quando Alex compie 19 anni decide, d’accordo con la famiglia, di fare un’esperienza di due mesi presso il Parco Nazionale dell’Abruzzo, da solo. Lynda confida che non è stato semplice pensarlo lontano da casa ma era un passo che andava fatto. Al suo ritorno a Roma Alex è più autonomo, vuole continuare a lavorare con gli animali e con il tempo ottiene un contratto a tempo indeterminato al Bioparco di Roma riuscendo a raggiungere una qualità della vita sorprendente. Lynda racconta che per raggiungere il livello di autonomia di Alex ha dovuto combattere, insieme al figlio, contro i “no, non è possibile” che si era sentita dire da alcuni medici riguardo le potenzialità e i possibili successi del figlio: “Tutti i no che sono stati detti erano sbagliati – racconta Lynda -. Alex ha una vita come tutti, con le felicità e le frustrazioni di tutti”.
La nascità di Ways. Per Lynda il successo di Alex è stato raggiunto grazie al lavoro e così inizia a pesare che se ce l’ha fatta lui possono farcela tutti. E’ convinta che bisogna far conoscere ai ragazzi con disabilità le bellezze e le ingiustizie della vita senza chiuderli in una gabbia dorata. Fonda nel 2009, la cooperativa Ways che ha come obbiettivo quello di insegnare ai ragazzi con sindrome di Down o con qualche disabilità mentale a lavorare. I primi mesi del progetto non sono semplici, la base operativa era il salotto di casa di Lynda e i ragazzi che avevano aderito erano 3, ma con il tempo riesce a trovare un ufficio in zona Giustiniana e oggi ha 9 ragazzi da far crescere. Ad alzare la saracinesca della cooperativa ci pensa Letizia, una ragazza con trisomia 21, ed uno alla volta arrivano gli altri collaboratori di Ways. Alcuni sono affetti dalla sindrome di Down ma c’è anche chi ha un leggero autismo, una schizofrenia o un semplice ritardo e sono quasi tutti sui 35-40 anni. Molti di loro sarebbero stati in casa soli se la cooperativa non ci fosse stata. A coordinare il lavoro di tutti ci pensa Emanuele, lo psicologo, e ovviamente Lynda.
I progetti per superare la disabilità. Di lavori da fare ce ne sono tanti. I ragazzi di Ways raccolgono bottiglie e tappi di plastica a scopo di riciclo, si fanno consegnare cellulari usati che vengo spediti in Inghilterra dove sono aggiustati e donati a paesi poveri e inoltre raccolgono strumenti elettronici da rottamare. Due sono però i progetti sicuramente più impegnativi: il gruppo di acquisto solidale e il confezionamento di auricolari. Nel primo caso la cooperativa ha dato vita ad un gas collegato ad un agricoltore di zona. I ragazzi prendono gli ordini dei clienti e si occupano di divide i prodotti agricoli in base alle diverse ordinazioni. Interessante è anche il lavoro che svolgono neldisinfettare, avvolgere ed imbustare singolarmente le cuffie e gli auricolari che vengono consegnati mensilmente dalla società Johnsons Inflight Services. Quest’attività permette di sviluppare nei ragazzi precisione e pazienza nello sbrogliare e separare gli auricolari spesso ingarbugliati, oltre un senso del dovere fondamentale per rispettare i tempi e le scadenze di consegna. Gli auricolari sono poi utilizzati dalle compagnie aeree durante i viaggi. Tutti i progetti di Ways permettono di ottenere delle piccole entrate economiche che aiutano a tenere in piedi la cooperativa e garantiscono un contributo per i ragazzi. “Bisogna mettere i ragazzi in mezzo alla società – insiste Lynda – ogni volta che un ragazzo lavora è un piccolo pregiudizio che cade”. A dimostrare che l’insegnamento al lavoro, retribuito e responsabile, possa portare all’autonomia, oltre alla storia di Alex, ci sono quelle dei 5 ragazzi passati per Ways e oggi assunti con contratti regolari da diverse aziende. Lynda ha battuto una nuova strada e racconta la sua esperienza in un appassionato libro dal titolo “Chiamami Alex”.
Redazione Papaboys (Fonte www.redattoresociale.it/Luca Basiliotti)