Moaaz, Majd, Rasha, Kinan and Khalid sono cinque amici che hanno deciso di lasciare la Siria. Il 16 agosto 2014, insieme a tanti loro connazionali, hanno raggiunto il Libano, poi l’Algeria ed infine si sono imbarcati verso le coste italiane, sopravvivendo a un viaggio lungo ed estenuante che hanno documentato in un video, pubblicato lo scorso lunedì dal quotidiano The Guardian. “Ho deciso di filmare il viaggio con il telefono cellulare – spiega Majd – . In alcune zone è stato difficile fare le riprese perché i trafficanti ci controllavano”.
Una volta arrivati in Algeria, sono saliti in un autobus, per raggiungere i confini della Libia. Dopo 22 ore di viaggio sono stati venduti a un altro gruppo di trafficanti, i ribelli di Zintan. “Ho dovuto coprire la testa con un velo perché i nuovi trafficanti erano strettamente religiosi”, racconta Rasha. “Ci hanno minacciato con le pistole e ci hanno preso 400 dollari a testa – aggiunge Moaaz – . Era chiaro che se ne stavano approfittando ma non potevamo farci nulla”.
Il viaggio continua, questa volta in direzione di Ghadames, dove vengono sistemati in un’abitazione nel mezzo del deserto libico. Qui uomini e donne vengono divisi in sezioni separate, il caldo è asfissiante. Dopo 5 giorni vengono fatti salire in alcuni grandi autocarri, pronti per un altro lungo viaggio: 15 ore nel deserto prima di salpare in barca. “Continuavano a caricare l’imbarcazione fino a quando siamo arrivati a 540 passeggeri – raccontano – nonostante ci fosse posto solamente per 250 persone. Ci avevano detto che ci avrebbero provvisti di giubbotti di salvataggio, ma erano soltanto bugie”.
Il clima si fa sempre più teso, gli scafisti iniziano a picchiare i migranti per farli stare seduti, c’è chi li implora per poter salire, raccontano ancora i ragazzi mentre le immagini riprendono le persone stipate a bordo. “Per 16 ore la barca ha continuato a oscillare violentemente tra le onde fino a quando un’imbarcazione ci ha visti e ha informato le autorità italiane. C’era chi iniziava a pregare ad alta voce, eravamo convinti che saremmo morti”. I ragazzi si gettano in mare mentre la barca inizia ad affondare. Quattro ore in acqua prima dell’arrivo dei soccorsi. “Quando sono risalito in superficie ero circondato da corpi che galleggiavano, una scena terrificante”.
Nel viaggio hanno perso la vita 200 persone, 3 mila sono invece le vittime stimate finora nell’ultimo anno. Anche due dei cinque amici siriani sono annegati durante la traversata. I tre sopravvissuti, Rasha, Moaaz e Majd, hanno raggiunto la Svezia dove stanno aspettando l’esito della loro richiesta di asilo. “Non siamo venuti qui per starcene seduti a non fare niente. Vogliamo lavorare e fare del nostro meglio per avere maggiori possibilità”. di Federica Onori per www.redattoresociale.it
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