«Avevo solo otto anni. Ero un bambino timido, fragile. Lui era il prete: simpatico, premuroso con me, un ragazzino senza famiglia, mamma depressa, padre che l’ aveva accoltellata quando mi aspettava. Avrebbe dovuto proteggermi, invece ha percepito la mia debolezza, il vuoto e ne ha approfittato. Mi ha stuprato per quattro anni, ha abusato di me senza sensi di colpa né rimorsi. Ha fatto lo stesso impunemente con altri cento ragazzi».
Daniel Pittet, 57 anni di Friburgo, è un uomo che ha attraversato l’ inferno e ne uscito dopo anni di terapia trovando la forza di denunciare le violenze subite. Parla perché altri bambini non subiscano da chi dovrebbe proteggerli, perché la chiesa denunci chi abusa. Ha moglie e sei figli a cui ha raccontato tutto della sua infanzia ferita, di quel prete che per lui rappresentava potere e saggezza e si è rivelato un aguzzino. Di una chiesa che l’ ha tradito, senza fargli perdere la fede. Era il 1968, aveva otto anni… «Con una scusa mi ha portato in una stanza. Ha chiuso la porta. Non potevo scappare ero impietrito. Quando ha finito di usarmi mi ha detto: questo rimane tra noi. A chi avrei potuto dirlo, chi mi avrebbe creduto? A casa erano tutti religiosi, credevano nell’ autorità della chiesa, non mi avrebbero mai dato retta. Ho passato anni a pensare che ero l’ unico a subire quei pomeriggi da incubo, a cercare di dimenticare il suo corpo addosso al mio».
Nel libro lei usa parole e immagini crude, non risparmia nulla dello strazio subito tra foto che celano il segreto di un ragazzino vestito da chierichetto: capelli lunghi, gli occhi ingenui, il sorriso triste. Nessuno ha mai sospettato?
«Per anni mi sono domandato se gli adulti sapessero e facessero finta di non capire. Mi sembrava impossibile che mia madre non intuisse. Solo la mia maestra notando che andavo male a scuola, che ero sempre più solo, chiuso e timido mi ha mandato da un medico ma non so se era un cattivo dottore o si è spaventato, so solo che non ha fatto le domande giuste per aiutarmi a trovare il coraggio di parlare. Così il segreto è rimasto fino a quando la mia prozia ha capito e sono uscito dall’ inferno. Avevo 12 anni».
Quando ha denunciato?
«Dopo anni di terapia ho trovato le parole per dirlo nel 1990, da allora continuo ad incontrare giovani che hanno subito gli stessi abusi. Li riconosco, vedo in loro la stessa fragilità, la fatica di vivere che mi porto dietro quotidianamente e mi spinge a fare per dare un senso alla mia esistenza. Perché chi viene abusato resta segnato per sempre, rischia il suicidio, la pazzia, spesso viene rifiutato dalla famiglia, visto che il 90 per cento degli abusi lì avviene, e dal gruppo sociale. Escluso, trattato come una paria perché ha detto la verità. Senza contare che, se non aiutato, rischia di ripetere su altri le violenze subite: l’ 80 per cento dei pedofili è stato un bambino stuprato».
Cosa ha fatto la chiesa?
«Ha mentito. Mi hanno detto che lo avrebbero allontanato, che non avrebbe più potuto fare del male. Dieci anni dopo ho scoperto che lo avevano mandato in Francia, dove ha continuato ad abusare ragazzini».
Chi copre i colpevoli?
«In Svizzera le cose sono cambiate ma in Francia e in Italia a quanto so ben poco. Per questo sono importanti le parole del Papa. Perché ci sono pedofili nelle parrocchie ma anche nelle alte gerarchie che fanno finta di nulla, spostano i sacerdoti pedofili in un’ altra chiesa come se questo risolvesse il problema. Mantengono il segreto e nuovi bambini sono vittime».
Ha incontrato il suo aguzzino?
«L’ anno scorso. Era vecchio, ho faticato a riconoscere l’ orco della mia infanzia. Mi ha guardato, ho visto la sua paura. Ma non mi ha chiesto scusa, non mi è sembrato pentito di tutto il male che ha fatto».
Eppure lei lo ha perdonato
«In lui ho visto un malato e lui non c’ entra con la mia fede che resta intatta, ma continuo a battermi perché la chiesa rompa il silenzio e denunci i pedofili»
Cosa le ha detto il Papa?
«Ci siamo incontrati due anni fa. Mi ha chiesto: dove trovi la forza, il tuo spirito missionario? Non era mai soddisfatto della risposta. Alla fine gli ho detto: Padre sono stato violentato da un sacerdote. Mi ha guardato in silenzio con le lacrime agli occhi e mi ha abbracciato. Ora queste le sue parole cosi forti e coraggiose di condanna alla pedofilia, al segreto che uccide».
Fonte ilsismografo.blogspot.it/Caterina Pasolini