Don Daniele, si racconta.
Come ci si sente ad indossare la veste di “Servo di Dio”?
Ho risposto ad una chiamata, quella di essere servo di Dio, a partire da quando sono diventato diacono. Adesso questa chiamata si è intensificata attraverso il ministero sacerdotale. Sono felice di aver raggiunto questo traguardo anche se più che un traguardo è un nuovo inizio. Spero di vivere la mia vita al servizio di Dio e della Chiesa.
Ti senti vicino ai giovani essendo giovane anche tu?
Si ho vissuto in mezzo ai giovani, sono entrato in seminario a 19 anni e prima di allora, ho avuto le mie esperienze, le mie amicizie e questo rapporto con i miei coetanei mi ha aiutato a vivere meglio il mio rapporto con gli altri.
Quando esattamente hai cominciato a sentire in te la chiamata al sacerdozio?
Ho iniziato ad avvertire questa chiamata da piccolino, già vivevo diverse esperienze ecclesiali come ad esempio quella di Ministrante nella mia parrocchia. Questa chiamata si è fatta sentire in maniera più forte intorno ai 16-17 anni, quando cominciai a fare un cammino di ricerca verso di Dio molto più intenso. Questo mi ha portato a pensarmi in una vita sacerdotale. Ho avuto varie guide spirituali che mi hanno condotto a fare un discernimento. Ho avuto un primo approccio spirituale con Padre Alessandro Giambra che mi ha aiutato a fare una prima verifica delle mie sensazioni interiori.
Pian piano ho anche recuperato il rapporto con la mia parrocchia Sant’Alberto Magno, perché dopo la cresima mi ero allontanato e mi ero più avvicinato all’oratorio Don Bosco, infatti ho proseguito il discernimento vocazionale con il parroco della mia parrocchia che mi ha seguito fino all’entrata in seminario.
In seminario ho conosciuto diversi formatori che mi hanno aiutato a verificare più intensamente questa chiamata al sacerdozio come Padre Massimo Naro e Padre Alfonso Incardona.
I tuoi genitori come hanno reagito ed hanno appreso la tua chiamata al sacerdozio?
Quando ho comunicato ai miei genitori che sarei entrato in seminario, sono rimasti sorpresi da questa mia decisione. Mia madre è stata molto comprensiva forse dentro di se sentiva questa mia chiamata, mentre mio padre è rimasto in silenzio. Ho avuto la grazia di aver avuto due genitori che mi hanno spianato la strada, hanno voluto che realizzassi davvero quello per cui sono stato chiamato. Anche se mio padre non era rimasto inizialmente entusiasta della mia scelta, col tempo si è ricreduto e credo che adesso sia una delle persone più felici della mia famiglia.
Ti è capitato in seminario, di conoscere altri ragazzi seminaristi, a cui invece i genitori ostacolavano la chiamata?
Mi è capitato di incontrare alcuni ragazzi che hanno avuto ostacoli da parte della famiglia, qualcuno addirittura non è entrato in seminario, ed è un problema in questi casi. La famiglia dovrebbe sostenere ed aiutare perché il progetto di Dio è per la singola persona che non può fare nella vita ciò che invece un’altra persona ha pensato per lei.
C’è un passo del Vangelo che in tutti questi anni di seminario ti ha accompagnato nel tuo cammino?
C’è più di un passo che mi ha accompagnato durante questi anni di seminario. Uno di questi passi, l’ho scelto per la mia immaginetta di diaconato: “ Confidate nel Signore sempre perché il Signore è una roccia eterna “ è un passo di Isaia. Una chiave della mia esperienza vocazionale penso che sia stata proprio quella di confidare nel Signore, affidandomi continuamente a Lui. Mi sono affidato nelle difficoltà, anche quando non riuscivo a vedere un domani ed un futuro, e quel passo mi ha portato a fare la volontà di Dio. Ho anche trascorso dei momenti difficili durante il mio cammino vocazionale però il fatto di affidarmi mi ha aiutato tanto soprattutto in quei momenti dove si pensa di aver sbagliato tutto. Sono state prove, e mediante di esse si verifica la propria chiamata. La notte oscura avviene per tutti.
Cosa vuoi dire a chi magari oggi fa resistenza oppure è confuso nel dare il proprio SI a Dio a prescindere dalla chiamata (che sia di consacrazione o di vocazione matrimoniale)?
Dico loro le parole di Giovanni Paolo II “Aprite le porte a Cristo, spalancatele!”. Noi siamo chiamati alla pienezza della felicità, una felicità che non possiamo raggiungere da noi stessi, con le nostre sole forze ma possiamo sperimentarla soltanto in Dio. E’ necessario che ognuno di noi apra le porte del proprio cuore, per accogliere la chiamata del Signore (vita consacrata o matrimonio) ognuno di noi deve rispondere a quello che il Signore riserva e per quello a cui ci ha chiamato.
Servizio di Rita Sberna
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