Ecco alcuni racconti da leggere se si è devoti del dolce San Giuseppe…
L’avvocato Lo Pa Hong, cristiano fervente e padre di nove figli, ritorna a casa all’imbrunire e vede un uomo steso a terra. Chiama un “cooli” per trasportarlo all’ospedale più vicino, dove però il malato viene rifiutato. Allora il buon samaritano se lo carica in spalla e lo porta a casa per curarlo.
Ma da quel giorno incomincia a pensare di costruire un ospedale per gli ammalati più poveri. Viene a sapere di un cimitero abbandonato in quel momento utilizzato per depurare acque residuali.
Lì, di notte, si recano delle donne per abbandonare i loro neonati, che verranno poi sbranati e divorati dai cani. Acquista il terreno ed inizia a costruire; ben presto però deve interrompere i lavori per mancanza di fondi. Si raccomanda a san Giuseppe e pone una sua immagine in mezzo all’area, chiedendogli aiuto.
Poi va a chiedere finanziamenti ovunque e ne riceve talmente tanti che non soltanto porterà a termine quell’ospedale ma ne costruirà degli altri, un orfanatrofio per bambini abbandonati, una casa-famiglia per ex prostitute, un centro per non vedenti, un altro per invalidi, una scuola professionale per ragazze, una scuola di arti e mestieri e trentatré cappelle disseminate per tutta la regione.
Inoltre, come catechista, prepara e battezza 200 persone, tra cui alcuni condannati a morte battezzati prima dell’esecuzione. Lo Pa Hong sembrava instancabile e continuò a lavorare fino al 30 dicembre 1937. A 64 anni morì martire della carità, assassinato da due sicari. Un santo del nostro tempo! San Giuseppe gli permise di realizzare un’opera grandiosa, senza pari, in poco tempo.
Nella notte del 2 gennaio del 1885, un anziano si presentò alla porta di un sacerdote per chiedergli di recarsi da una donna agonizzante. Il sacerdote seguì lo sconosciuto. La notte era molto fredda ma l’anziano pareva non rendersene conto. Camminava davanti e diceva al sacerdote per tranquillizzarlo, dato che la zona era malfamata: Lo aspetterò alla porta.
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Questa, dove si fermò, era proprio uno dei più miserabili usci del quartiere… Quando il prete raggiuse la moribonda udì che si lamentava dicendo tra i gemiti: Un sacerdote! Un sacerdote! Sto per morire senza sacerdote! Figlia mia, io sono sacerdote. Un anziano mi ha avvertito di venire. L’inferma gli confessò i peccati di una lunga vita ed il sacerdote le chiese se per caso avesse mai osservato qualche pratica devozionale.
Nessuna, rispose, tranne una preghiera che recitavo tutti i giorni a san Giuseppe per ottenere una buona morte. La donna dopo la confessione ricevette la comunione e l’unzione degli infermi e rimase molto rincuorata. Quando il sacerdote raggiunse la porta per uscire, non vi trovò nessuno. Ma riflettendo sul fatto di quella notte e sul mistero di consolazione che aveva esercitato, sentì nascere nel suo cuore la convinzione che l’anziano caritatevole non fosse altri che il glorioso e misericordioso san Giuseppe, patrono della buona morte.
(Fonte www.sangiuseppespicello.it)
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