PIEMONTE – VERCELLI – “Un clima di piena libertà. Il Papa ha messo tutti a nostro agio. E quindi non c’era nessuna soggezione ad intervenire”. A raccontare al Sir cosa è successo ieri pomeriggio nell’Aula del Sinodo dopo l’intervento del Papa in apertura della 66ª Assemblea plenaria dei vescovi italiani, è monsignor Marco Arnolfo, neo-arcivescovo di Vercelli, alla sua prima esperienza a Roma ad una assemblea della Cei. Dopo il discorso del Santo Padre, i vescovi hanno preso la parola e sono andati avanti a “raffica” fino alle 19 e un quarto: “Ognuno – racconta mons. Arnolfo – aveva a disposizione solo due minuti, poi il microfono veniva spento. Quindi tutto si è svolto in maniera estremamente incalzante”. Alla fine “il Papa è andato via sereno, con il sorriso sul volto, salutando tutti i vescovi, ad uno ad uno. Si ricordava di tutti con una memoria di ferro e a ciascuno ha rivolto una parola particolare”. “Nelle domande e negli interventi che sono seguiti – fa sapere l’arcivescovo -, è emersa la situazione di una Chiesa molto umana, anche molto fragile, fatta di peccatori. Sono quindi emersi i diversi problemi che si vivono nella varie comunità. Il Papa ha risposto con molta franchezza, con molto equilibrio, con molta sincerità. Veramente da padre, da pastore”.
“Ciascuno – racconta mons. Arnolfo – ha portato la propria esperienza. È emersa chiaramente l’espressione di una Chiesa viva, incarnata. Non una Chiesa disincarnata che vive lontano ma una Chiesa che è calata nelle diverse problematicità e situazioni di fragilità legate al lavoro, al problema della disoccupazione, alla vita quotidiana, ai tanti nostri fratelli e sorelle che sono provati nella sofferenza, alla politica che deve essere l’espressione più alta della carità, che conduce tutti ad occuparsi della vita comune con giustizia e verità”. Al cuore dei vescovi sta “la preoccupazione di una Chiesa che è chiamata ad essere sempre più una Chiesa dei poveri, la Chiesa di quelli che fanno fatica, di quelli che sono provati”. Cosa vi ha chiesto il Papa? “Ha lanciato l’augurio a vivere nella gioia. Nella gioia della presenza del Risorto che ci accompagna. E Lui che vuole continuare ad annunciare il Vangelo e a portare la lieta notizia. Significa quindi infondere speranza, infondere negli altri fiducia”. Riguardo alle riforme e al nuovo che avanza, “ci potrà essere qualcuno non pienamente d’accordo – ammette il vescovo -. D’altronde anche il Papa ha detto che nella Chiesa e nella Conferenza episcopale bisogna discutere con molta franchezza. Diceva: non veniamo qui a far salotto. Si viene per affrontare i problemi veri che chiedono passione, la stessa passione di Cristo. Si può quindi intervenire anche con idee diverse ma sempre con questa carità e la finalità comune di far trionfare la Chiesa di Cristo”. Fonte: Agensir