Quando un bambino è seriamente ammalato e ha bisogno di cure lunghe, dolorose o invasive si tende a non coinvolgerlo e, per il suo bene, a nascondergli molti particolari della verità. Ma la verità, ammantata di speranza, è invece sopportabile e lo aiuta ad affrontare la tempesta.
Quando un bambino si ammala gli adulti gli mettono a disposizione tanto, a volte tutto quello che hanno: energie, tempo, coccole, le migliori cure. Ma c’è una cosa che spesso gli adulti non sanno offrirgli: le parole per aiutare il bambino a comprendere ciò che gli sta succedendo, soprattutto quando la malattia è seria e le cure impegnative e invasive.
In questi casi, spesso tutto avviene ai piani alti della relazione tra adulti e operatori sanitari. I bambini a volte restano incastrati tra parole che vengono dette su di loro, ma non a loro. Che li riguardano, ma rispetto alle quali l’aspettativa di molti è che loro ne siano ignari. Forse molti adulti pensano che il bambino non possa capire. O peggio ancora, che per il bambino sia meglio non sapere. Ma il bambino ha un corpo, un cuore e una mente e tutte e tre queste sue dimensioni sono in gioco, spesso in modo drammatico nel corso di una malattia, soprattutto se grave.
Il corpo sperimenta il dolore, la fatica di trovarsi imprigionato in un letto di ospedale, spesso ancorato ad aghi e fili che lo tengono in vita o che ne determinano l’immobilità. A volte su quel corpo si effettuano esami invasivi, anche dolorosi. E allora, nella malattia del bambino, è giusto dare valore prima di tutto alla verità del corpo. I clinici più competenti sanno che spiegare al bambino ciò che gli succederà., in ogni momento e in ogni fase, è il miglior modo per ottenerne la collaborazione terapeutica. Sanno che il dolore, quando ci sarà, non va negato né sottovalutato. Non lo si deve fare con nessun paziente, tanto meno con i bambini.
Dire la verità al bambino, tutta, con le parole giuste, con uno sguardo che spera, ma che è consapevole della tempesta che dovrà essere attraversata permette al bambino di sentirsi soggetto e non oggetto, in un territorio, quello delle cure e della terapia, dove spesso i più piccoli, proprio perché “minori”, sono trattati e gestiti, ma non coinvolti, dove tutte le parole vengono dette in altre stanze, non quelle in cui loro sono presenti.
La verità, anche la più difficile, per i bambini è sopportabile. Quando è stata detta, permette di dare voce a tutte le emozioni che essa scatena. Si può piangere per la tristezza, urlare per la rabbia, addolorarsi per la fatica. Ma almeno le cose possono essere dette. E quando vengono dette non rimangono intrappolate nella paura, o nella bugia di chi sa qualcosa che c’è ma che non può essere comunicato.
La verità fa bene. Anche quando fa male. A questo dovremmo pensare quando in gioco c’è il dolore e la malattia. E quando in questo gioco doloroso purtroppo, sono coinvolti i bambini.
Redazione Papaboys (Fonte www.famigliacristiana.it/Alberto Pellai)
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