R. – Siamo soddisfatti perché questo provvedimento avrebbe aperto all’adozione anche da parte delle persone “single”, quindi sarebbe stata in qualche modo la via all’adozione gay nel nostro ordinamento. L’affidamento attualmente è già previsto per i “single”, ma ha una natura temporanea. Il bambino, il minore, è affidato a un soggetto o a una famiglia affidataria temporaneamente, nel periodo in cui la famiglia biologica non ha la capacità e la possibilità di venire incontro alle esigenze del minore.
D. – C’è però chi ha parlato di occasione mancata con il ritiro di questo emendamento, facendo appello a quelle situazioni in cui il minore finisce per attaccarsi, affezionarsi alla persona a cui è stato affidato…
R. – Sì, però al minore bisogna assicurare non solo un rapporto affettivo, che ha una valenza importante. Bisogna aiutare anche il minore a tornare nella sua famiglia e, in ogni caso, dargli la possibilità di vivere in un contesto che assomigli sempre più – se non dovesse poter ritornare nella sua famiglia di origine – a una famiglia: cioè, ad avere una complementarietà di persone, un uomo e una donna, che lo aiutino a crescere.
D. – Tuttavia, il testo del provvedimento non appare soddisfacente per altri profili, voi dite…
R. – Sì, noi sappiamo che l’art. 6 della legge sull’adozione prevede che i genitori adottivi possano essere soltanto persone coniugate. Ma oggi una certa giurisprudenza “creativa” soprattutto nelle Corti di giustizia internazionali, in modo particolare della Corte europea dei diritti dell’uomo, ha iniziato ad estendere il concetto di famiglia anche a persone dello stesso sesso. Non possiamo non rilevare che è facile immaginare come questo disegno possa diventare un “cavallo di Troia” per aprire più facilmente il nostro ordinamento all’affidamento di minori a persone omosessuali in coppia.
D. – Si configura come un possibile attacco alla famiglia fondata sul matrimonio…
R. – Sì, io credo che la svolta sarà determinata nel momento in cui saranno approvate le cosiddette unioni civili alla tedesca, che sono state annunciate due giorni fa di nuovo da Renzi, che prevedono tra l’altro la “step child adoction”, cioè l’adozione del figlio del proprio partner omosessuale. Alle unioni civili sarà attribuito nella sostanza lo stesso status del matrimonio tra un uomo e una donna.
D. – E un indebolimento del matrimonio sembra configurarsi anche con il ddl che introduce il cosiddetto divorzio breve…
R. – Sì, perché il testo che oggi è all’esame dell’aula del Senato aggiunge una novità significativa: i coniugi, se sono d’accordo e se i figli sono maggiorenni, possono saltare il passaggio della separazione e giungere direttamente al divorzio. Paradossalmente, sarà più facile divorziare che cambiare gestore della propria utenza telefonica…
D. – Quindi, se da una parte chi lo difende parla di una semplificazione nelle pratiche burocratiche, dall’altra parte però c’è da mettere in risalto la banalizzazione del matrimonio che rischia di venire fuori da questo provvedimento…
R. – Certamente. Non solo si avrebbe una banalizzazione del matrimonio, ma anche un indebolimento della responsabilità di coloro i quali si accingeranno a sposarsi.
D. – A vantaggio di chi?
R. – Sicuramente degli organizzatori di cerimonie, di chi da queste guadagna. Ma sarà veramente uno svantaggio per la nostra società, per la tenuta morale della nostra società, perché una società che diventa sempre più liquida, che non ha più riferimenti sociali – e la famiglia è uno di quei punti di riferimento che fondano la società – non ha un futuro roseo.
Fonte. Radio Vaticana
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