Una volta raggiunta la sua postazione, il Santo Padre, che ha esordito parlando in spagnolo, ha immediatamente detto di non voler leggere il discorso preparato di “nove cartelle”: “Che faccio – ha detto scherzando -, lo leggo e voi dormite? O mi fate piuttosto delle domande?”. Il Papa ha così proseguito aprendo al dialogo aperto con le superiore.
Pietro ha dovuto cambiare mentalità, lasciandosi servire; Maddalena è stata scelta come apostola nonostante la sua storia passata. Da queste due contemplazioni, torna la necessità oggi di perseverare nell’atteggiamento del servizio e dell’ascolto reciproco per una piena comunione ecclesiale.
La Chiesa impara dal suo Maestro che, per poter dare la vita, servendo gli altri, è invitata a riconoscere e ad accogliere la sua fragilità e, da lì, a inchinarsi dinanzi alla fragilità dell’altro.
In questa prospettiva, la raccomandazione è vivere, appunto, l’autorità come servizio. Il Papa non si esime dal considerare gli aspetti di fragilità relative alla vita consacrata e alle vocazioni religiose – ridotta significatività dei numeri, delle opere e della rilevanza sociale, abbandoni – ma assume e invita ad assumere uno sguardo positivo e di slancio. Quindi afferma che farsi servi “non è una questione di servitù.
Abbassarsi non è ripiegarsi sulle proprie ferite e incoerenze, bensì apre alla relazione, a uno scambio che rende degni e guarisce, come nel caso di Pietro, e dal quale parte un nuovo cammino con Gesù.
In sostanza, Francesco scrive che bisogna riposizionarsi ai piedi dell’umanità, lì dove si crea un vero e proprio spazio teologico. Proprio questo atteggiamento sarà fonte di gioia e crescita. “Perché è da lì, dal basso, che ognuno di noi può rileggere il nostro carisma e la nostra storia”. Il Papa insiste sull’invito a non avere paura a ricercare nuovi ministeri e nuovi modi di esercitare evangelicamente l’autorità.
Che non sia una ricerca teorica e ideologica – le ideologie mutilano il Vangelo , ma una ricerca che parta dall’avvicinamento ai piedi dell’umanità ferita e dal camminare accanto alle sorelle e ai fratelli feriti, a cominciare dalle sorelle delle vostre comunità.
“Non abbiate paura della vostra vulnerabilità”, ripete il Papa alle Superiore, invitandole a partecipare attivamente al processo sinodale arricchendo così la Chiesa dei propri carismi, ma soprattutto attivando il lavoro sinodale nel proprio interno di vita comunitaria. Perché, come sottolinea ancora nel suo discorso consegnato alle religiose, la via è di essere costruttori di comunione, tessitori di relazioni.
È un’opportunità per ascoltarsi le une le altre, per incoraggiarsi a vicenda a parlare con parresia, per farsi domande sugli elementi essenziali della vita religiosa oggi. Anche per lasciar emergere domande scomode. Non temete la vostra vulnerabilità, non abbiate paura di presentarla a Gesù.
Francesco sottoliena anche l’urgenza del ministero dell’accompagnamento, laddove anche i laici possono partecipare alle spiritualità incarnate dai diversi Istituti. “Un bel segno di questo rinnovamento sinodale deve essere la cura reciproca”, esorta ancora Papa Francesco pensando in particolare alle piccole congregazioni o a quelle che sono in declino al punto di una difficile sostenibilità. “L’importante – chiosa – è essere sempre in grado di dare una risposta fedele e creativa al Signore”.
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