R. – Noi contiamo veramente molto sulla preghiera, sulla solidarietà, sulla fraternità perché la situazione è molto grave. Ieri a Sinjar hanno ucciso 70 yazidi. L’Isis ha preso le donne, i cristiani sono scappati, grazie a Dio, verso le montagne. Sempre ieri, nel pomeriggio è stato bombardato il villaggio di Tul Kef, a 20 km a nord di Mosul, mentre un gruppo di giovani assieme a un prete stava andando via. Hanno ucciso un cristiano. Quindi, c’è anarchia un po’ ovunque. Noi oggi siamo un bersaglio, perché siamo cristiani, ma ci sono anche altri bersagli.
D. – Quali sono le iniziative in programma che avete organizzato per questa Giornata?
R. – Noi abbiamo iniziato già mercoledì sera. Cristiani e musulmani si raduneranno nella chiesa di San Giorgio per pregare insieme per la pace e soprattutto per i cristiani che hanno lasciato la città di Mosul, ma ora anche la Piana di Ninive è minacciata. È un gesto di solidarietà comune.
D. – Questa giornata cade nella festività della Trasfigurazione: che significato ha?
R. – La data è simbolica perché Gesù aveva già parlato della sua sofferenza e della sua morte. Dunque, ha dato una grande speranza ai discepoli, e tutti noi preghiamo e speriamo per una soluzione pacifica.
D. – Mons. Sako, lei per l’occasione ha scritto una preghiera: cosa chiedere al Signore attraverso questa preghiera?
D. – Che appello si può lanciare proprio in occasione di questa Giornata di preghiera e di riflessione per la pace?
R. – A dire la verità, questa mattina ho indirizzato una lettera al Santo Padre, ai patriarchi del Medio Oriente per mobilitare l’opinione internazionale a fare pressione sui capi di Stato perché diano aiuto e facciano pressione sui Paesi che finanziano questi gruppi terroristici o estremisti. Chiedo inoltre una pressione sulle autorità musulmane che condannino gli attacchi contro i cristiani o contro qualsiasi persona che non è musulmana. Siamo una famiglia a livello umano.
D. – Papa Francesco negli ultimi tempi vi è stato vicino, ha lanciato più volte degli appelli, degli inviti perché si lavori proprio per una pacificazione dell’Iraq. Avete sentito questa sua vicinanza?
R. – Sì, lo so. Mi ha telefonato e incoraggiato a non arrenderci, a tener salda la fede, la speranza e anche il morale.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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