In un contesto socio politico in cui molti, ed indistintamente, fanno “proclami” per rivendicare primogeniture di autenticità e di fedeltà agli ideali cristiani, che poi è difficile vedere mettere in pratica, vale la pena richiamare un aspetto fondamentale dell’attività apostolica di Santa Caterina da Siena (1347-1380), che riguarda proprio la sua attività, volta ad evangelizzare la politica del suo tempo.
Il suo valore rimane di estrema attualità per tutti coloro che sono già impegnati, o che sono disposti ad assumere l’impegno, nell’amministrare e promuovere il Bene Comune. La senese, Dottore della Chiesa, Patrona d’Italia (e dal I ° ottobre 1999) Patrona d’Europa, rimane un richiamo per tutti. Laica e donna del suo tempo, ha lottato tenacemente contro ogni pregiudizio e violenza, in un’opera di instancabile pacificazione tra le città italiane e gli stati europei. Offrì la sua vita per la riforma e l’unità della Chiesa, riuscendo grazie alla sua tenacia a portare a Roma la sede del papato, ponendo fine alta “cattività” avignonese.
È significativo considerare che Caterina da Siena è una mistica, la cui forza interiore riesce a darle una instancabile attività apostolica, che ha influito in maniera condizionante nella sua epoca storica. Questo per ricordarci, come da più parti viene sottolineato, di come sia necessario fondare il sociale e il politico, non solo sulla Dottrina Sociale della Chiesa, ma sulla spiritualizzazione e l’interiorizzazione della vita personale di chi, vuole porsi al servizio del Bene Comune. È la conversione del cuore la vera base, su cui innestare l’agire illuminato dalla morale, perché tutto sia posto al servizio dell’uomo e della sua crescita integrale.
In questa radicale crisi di valori, non è certo pensabile che delle semplici riforme di “struttura” possano consentire il recupero di una convivenza onesta e solidale. Ecco quindi alcune “massime politiche”, tratte dalle sue Lettere, e che anche oggi possono orientare l’impegno sociale degli uomini in ogni epoca, dato che la parola di Caterina non è una ideologia, ma una parola di verità, essendo stata proclamata Dottore della Chiesa.
LA CITTÀ TERRENA non è un possesso di chi l’amministra, essa è una “città prestata“. “Colui che signoreggia sé, la possederà con timore santo, con amore ordinato e non disordinato; come prestata e non come cosa sua… altro rimedio non hanno gli uomini del mondo a volere conservare lo stato spirituale e temporale, se non di vivere virtuosamente…” (Lettera 123).
La personalità dell’uomo deve avere un FONDAMENTO che gli consenta di orientarsi nella vita e di agire da uomo: “Pensa che sempre a cercare il fondamento di dura maggiore fatica: fatto il fondamento, agevolmente si fa l’edificio…” (L. 195). Ora tale fondamento è fatto solo nella carità di Dio e del prossimo: tutti gli altri esercizi sono strumenti e edifizi posti sopra questo fondamento” (L.316). Tuttavia, non ogni amore è fondamento, lo è solo quello che S.Agostino aveva chiamato “ordinato”, cioè che supera la tentazione di credere solo alle cose che passano o che sono create come noi, perché “le cose create sensibili non possono saziare l’uomo, perché sono minori all’uomo” (L.67). Ma la vita è milizia e lo stesso fondamento si logora e si indebolisce. Bisogna, dunque, restaurarlo e raffozzarlo e rafforzarlo ogni giorno, in un esercizio che dura tutta la vita.
UN GRANDE NEMICO: L’AMOR PROPRIO. L’amor proprio, cioè l’amore sensitivo per sé medesimo, avvelena l’anima e la rende incapace di tendere al vero bene. Caterina esprime, con accenti che ricordano il dramma delle due città di S.Agostino, la lotta tra questi due “amori”: “Se l’animo nostro non è spogliato di ogni amore proprio e piacere di sé al mondo, non può mai pervenire al vero e perfetto legame di carità. Infatti l’uno è intralcio all’altro: è tanto è contrario, che l’amore proprio ti separa da Dio e dal prossimo; e quello ti unisce: questo ti da morte, e quello vita, questo tenebre e quello lume; questo guerra, e quello pace; questo ti stringe il cuore, che non vi trova più posto né tu né il tuo prossimo; e la divina carità lo dilata, ricevendo in sé amici, e ogni creatura che ha in sé ragione” (L.7).
VIRILITÀ’ DEL POLITICO. Può far politica solo chi è adulto e non fanciullo, solo chi è sveglio e non addormentato. Il richiamo di Caterina alla “virilità” dell’uomo in genere e, soprattutto, del politico è una costante delle sue lettere (una virtù, la virilità, che non è caratteristica del maschio, ma di ogni uomo “forte” (vir deriva dalla stessa radice di virtus), tanto che la Santa la richiede anche alle donne.
CORAGGIO DEL POLITICO. Una virtù necessaria del politico è iI coraggio, che lo induce ad impegnarsi per la verità e per il bene. Il coraggio è il contrario del “timore servile”, che produce il “sonno della negligenza” evitare la prova, rimandare la decisione, tollerare il male: “Il timore servile impedisce e avvilisce il cuore, e non lascia vivere né adoperare come a uomo ragionevole, ma come animale sena veruna ragione…” (L.123).
Ne viene fuori un vero identikit dell’uomo che dopo aver fatto sintesi della vita personale con quella pubblica sarà, solo allora, in grado di poter vivere la politica, come affermava Paolo VI “come la più alta forma di carità cristiana”. La coerenza tra fede e vita, impegno sociale e lotta per i diritti della persona sono inseparabili, la credibilità di ogni “aggregazione sociale o politica” si gioca proprio in questi termini che, per Santa Caterina, sono irrinunciabili per poter vivere ogni tipo di impegno, come missione.
Redazione Papaboys (da: Famiglia Domenicana n.2, marzo/maggio 2003 – Fr. Giovanni Calcara OP)