Domenico Giani, l’angelo custode di Papa Francesco si dimette (con onore): ‘Ho servito il Vicario di Cristo fino in fondo’
Domenico Giani, Comandante del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, “ha rimesso il proprio mandato nelle mani del Santo Padre, in spirito di amore e fedeltà alla Chiesa ed al Successore di Pietro”. È quanto si legge in un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede.
Giani ha preso questa decisione – afferma il comunicato – “pur non avendo alcuna responsabilità soggettiva nella vicenda” della diffusione da parte di alcuni organi di stampa, lo scorso 2 ottobre, di “una Disposizione di Servizio riservata, firmata dal Comandante del Corpo della Gendarmeria”, riguardante “gli effetti di alcune limitazioni amministrative disposte nei confronti di personale della Santa Sede”. Una pubblicazione – si sottolinea – “altamente lesiva sia della dignità delle persone coinvolte, sia della stessa immagine della Gendarmeria”.
Con le sue dimissioni, Giani intende “garantire la giusta serenità per il proseguimento delle indagini coordinate dal Promotore di Giustizia ed eseguite da personale del Corpo, non essendo emerso al momento l’autore materiale della divulgazione all’esterno della disposizione di servizio”, in cui erano riportate anche le foto delle persone interessate, e che era rivolta esclusivamente agli appartenenti al Corpo della Gendarmeria e della Guardia Svizzera Pontificia.
“Nell’accogliere le dimissioni – si legge nel comunicato – il Santo Padre si è intrattenuto a lungo col Comandante Giani e gli ha espresso il proprio apprezzamento per questo gesto
, riconoscendo in esso un’espressione di libertà e di sensibilità istituzionale, che torna ad onore della persona e del servizio prestato con umiltà e discrezione al Ministero Petrino e alla Santa Sede. Papa Francesco ha voluto ricordare anche la sua ventennale, indiscussa, fedeltà e lealtà e ha sottolineato come, interpretando al meglio il proprio stile di testimonianza in ogni parte del mondo, il Comandante Giani abbia saputo costruire e garantire intorno al Pontefice un clima costante di naturalezza e sicurezza”.“Nel salutare il dottor Domenico Giani – conclude il comunicato – il Santo Padre lo ha anche ringraziato per l’alta competenza dimostrata nell’espletamento dei molteplici, delicati servizi, anche in ambito internazionale, e per il livello di indiscussa professionalità a cui ha portato il Corpo della Gendarmeria”.
Sabato scorso, il direttore della Sala Stampa vaticana Matteo Bruni, in una dichiarazione all’Ansa, aveva riferito che, per Papa Francesco, la gravità della “illecita diffusione” di quella disposizione di servizio “è paragonabile ad un peccato mortale, poiché lesivo della dignità delle persone e del principio della presunzione di innocenza“.
Un momento delicato, di grande prova personale, ma vissuto interiormente con serenità, incoraggiato dalla fiducia e dal sostegno del Santo Padre, della sua famiglia e di tanti collaboratori e persone che in vario modo in questi anni lo hanno conosciuto e ne hanno apprezzato le qualità umane e professionali.
Domenico Giani, in un’intervista ai media vaticani, confida i sentimenti con cui lascia il servizio e sottolinea la gratitudine al Papa che ne ha riconosciuto l’onore, la lealtà e fedeltà nel suo lavoro quotidiano.
Vivo questo momento difficile con la serenità interiore che, chi mi conosce, sa che ha contraddistinto il mio stile di vita anche di fronte a vicende dolorose. Ho dedicato 38 anni della mia vita al servizio delle istituzioni, prima in Italia, e poi per 20 anni in Vaticano, al Romano Pontefice. In questi anni ho speso tutte le mie energie per assicurare il servizio che mi era stato affidato. Ho cercato di farlo con abnegazione e professionalità ma sentendomi, come il Vangelo di due domenica fa ci ricorda, serenamente un “servo inutile” che ha fatto fino in fondo la sua piccola parte.
Gli eventi recentemente accaduti hanno generato un grave dolore al Santo Padre e questo mi ha profondamente colpito. Sono trascorsi 15 giorni dalla pubblicazione del documento che era stato inoltrato ad uso interno esclusivamente per Gendarmi e Guardie Svizzere. Come indicato nel comunicato della Sala Stampa del primo ottobre, è in corso un’indagine e le persone coinvolte sono state raggiunte da un provvedimento amministrativo. L’uscita di questo documento, pubblicato da alcuni organi di stampa, ha certamente calpestato la dignità di queste persone. Anche io come Comandante ho provato vergogna per quanto accaduto e per la sofferenza arrecata a queste persone. Per questo, avendo sempre detto e testimoniato di essere pronto a sacrificare la mia vita per difendere quella del Papa, con questo stesso spirito ho preso la decisione di rimettere il mio incarico per non ledere in alcun modo l’immagine e l’attività del Santo Padre. E questo, assumendomi quella “responsabilità oggettiva” che solo un Comandante può sentire.
Nel corso dei colloqui avuti con il Santo Padre in questi giorni, ho sempre avvertito quella paternità che ha contraddistinto lo speciale rapporto che ho avuto con lui, sin dall’inizio del Pontificato, e credo di poter dire che ciò era visibile a tutti. Ho avvertito sempre, in questi incontri, l’umana sofferenza del Santo Padre nella decisione condivisa. Il Papa, d’altronde, conosceva però anche alcune fatiche personali che ormai da mesi stavo portando e anche un desiderio di dedicare maggiore tempo alla mia famiglia, a mia moglie e ai miei figli. Sono dunque profondamente grato al Santo Padre perché il suo attestare la mia lealtà, l’onore e la fedeltà con cui ho svolto il mio servizio, mi aiuta ad affrontare con serenità il futuro e i nuovi impegni che potrò assumere, nell’ambito delle mie competenze, dopo questa esperienza straordinaria.
Ho avuto l’onore di servire tre Papi. Ricordo innanzitutto con grande commozione San Giovanni Paolo II che mi ha chiamato a servire in Vaticano e che ho accompagnato fino all’ultimo tratto della sua vita. Ho goduto e continuo a godere della stima e dell’affetto di Benedetto XVI al cui fianco ho affrontato delicatissime questioni ricevendo sempre il suo apprezzamento e la sua fiducia. Il Pontificato di Papa Francesco, per il suo stile improntato alla prossimità alla gente e alla spontaneità nei gesti, è stata un’ulteriore grande sfida con significativi e particolari momenti: ricordo in special modo il suo pellegrinaggio a Lampedusa, il viaggio apostolico in Brasile per la GMG e quello nella Repubblica Centrafricana. Se chiudo gli occhi, mi scorrono davanti infinite scene dei quasi 70 viaggi apostolici internazionali che ho seguito, di innumerevoli visite pastorali a Roma e in Italia e di tantissimi momenti privati con i tre Pontefici. Accanto a questo, mi piace ricordare che, sotto il mio Comando, la Gendarmeria ha sviluppato tutta una serie di attività caritative e di servizio agli ultimi come ci chiede il Vangelo.
In occasione dell’ultima festa del Corpo, mi sono soffermato su alcune qualità che dovrebbero contraddistinguere i nostri uomini: disciplina, obbedienza, fraternità, carità e umanità. A questo desidero aggiungere l’unità nella fedeltà, nonostante alcune fisiologiche situazioni che mi hanno arrecato comprensibili dispiaceri. Il Corpo, come ho anche sottolineato in questi giorni al Santo Padre, è sano e ben preparato. Ho sempre cercato, insieme ai miei collaboratori, di formare persone che potessero essere buoni gendarmi e, con l’aiuto prezioso dei cappellani, anche dei buoni cristiani. Sono certo che chi subentra in questo delicato incarico troverà un terreno fertile, lo stesso che io ricevetti dal compianto Commendatore Cibin al quale dedico un deferente ricordo. Un ultimo pensiero, che è pieno della mia gratitudine e del mio amore, va a mia moglie Chiara e ai miei figli Luca e Laura. Hanno sostenuto una vita piena di soddisfazioni ma anche di grandi sacrifici e rinunce. La Provvidenza, cui faccio sempre riferimento, nonostante il momento di incertezza anche personale che sto vivendo, ci indicherà la strada che certamente è quella del Signore. Fonte Vatican News
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