Un ergastolano sarà relatore durante il prossimo Festival della comunicazione. L’evento è in programma alle 21 di venerdì 26 maggio, nella sala lignea della biblioteca Malatestiana, a Cesena.
Comunicare dietro le sbarre, questo l’argomento che affronterà Carmelo Musumeci. Entrato in cella nel 1991, per vent’anni non ha mai goduto di un solo giorno di permesso. Anzi, dal 1992 al 1997 è stato sottoposto al regime del 41 bis, il cosiddetto “carcere duro”, e per 18 mesi ha vissuto in isolamento diurno. Quando, nel 2011, gli concessero 11 ore di libertà per andare a Perugia a concludere il ciclo magistrale della laurea in Giurisprudenza, scrisse un lungo testo che poi diventò uno dei suoi numerosi libri: Undici ore di amore di un uomo ombra.
È così che Musumeci definisce gli ergastolani: uomini ombra. Uomini che per gli altri, e per la società perbenista, non esistono più. E chiama il penitenziario «assassino dei sogni», proprio perché tutti i sogni svaniscono per chi si ritrova senza speranza di poter uscire di galera.
Nato nel 1955 ad Aci Sant’Antonio (Catania), Musumeci ora è un’altra persona rispetto a quella che era stata condannata in maniera definitiva alla pena che indica come data di termine il 31.12.9999, ovvero a vita.
IL PRETE DALLA TONACA LISA
«Incontrai nel carcere di Spoleto don Oreste Benzi dieci mesi prima della sua morte (avvenuta nella notte fra l’1 e il 2 novembre 2007, ndr)», ricorda il detenuto che dal novembre scorso è in regime di semilibertà e di giorno svolge volontariato a Bevagna (Perugia) con adulti e bambini disabili. «Avevo organizzato uno sciopero della fame di tutti gli ergastolani. Lo provocai. Ero sicuro che mi avrebbe detto di no. Così gli dissi, con tono sarcastico: se la sentirebbe di appoggiare la nostra manifestazione, quella dei cattivi e colpevoli per sempre?».
In risposta Musumeci ricevette un grandissimo sorriso. Poi don Benzi disse: «Tutti possono essere recuperati». «Mi accorsi subito di sbandare. Quasi barcollai», confessa l’ergastolano. «Mi caddero tutti i pregiudizi verso il prete e anche verso la Chiesa. Da quel momento, noi detenuti non ci sentimmo più soli. Don Oreste chiese a tutta la comunità da lui fondata, la Papa Giovanni XXIII, di appoggiare la nostra lotta. E in quel giorno iniziò il mio cambiamento. Don Oreste ci sdoganò, anche a livello sociale. In un momento in cui nessuno ci dava ascolto, lui ci fece sentire la sua solidarietà. Si fece nostro compagno di viaggio. Quello che dice oggi papa Francesco sui detenuti, io lo sentii allora da don Benzi: l’uomo non è il suo errore».
A quell’incontro con il prete dalla tonaca lisa erano presenti una sessantina di ergastolani. «Scrivemmo a tutti gli ergastolani d’Italia: una parte della Chiesa è con noi. Questo fatto ci diede forza e speranza, in un periodo in cui si sentivamo del tutto isolati. Furono quelli della comunità di don Oreste a darci voce. Facevano girare i nostri scritti. Tra i primi Nadia Bizzotto – che considero il mio angelo – e quelli del “servizio carcere”. Presero contatti con i nostri familiari che cominciarono a sentirsi seguiti. Finalmente avevamo qualcuno che ci ascoltava. Iniziammo a scioglierci, grazie a questo amore condiviso».
LA MOLLA DEL CAMBIAMENTO
«Davanti a quel sorriso per la prima volta in vita mia mi sono sentito davvero colpevole. L’affetto di don Benzi ha aperto in me un’autostrada interiore», riprende Musumeci. «Quando ti considerano un mostro, dopo un po’ cominci a crederci anche tu. Lo pensi e ti comporti da mostro. Don Benzi, invece, mi ha ammansito. Lui si mise dalla nostra parte. Pazzesco. Dalla parte dei mafiosi e degli ergastolani. Mi ricordò Gesù che si schierava con gli ultimi, con chi nessuno voleva più vedere. Iniziò per me una specie di rivoluzione copernicana. Presi coraggio e iniziai a scrivere e a comunicare».
A un detenuto, i soli affetti della famiglia d’origine, pur importantissimi, non bastano. «Siamo animali sociali, abbiamo tutti bisogno del contatto con la gente. Il carcere ti taglia fuori da tutto, non fai più parte della società. E con l’ergastolo non ne fai più parte per sempre. Quindi, perché cambiare? Soprattutto se si soffre di più? Cambiando emerge il senso di colpa. Prima ci si sente vittime e si giustifica il male compiuto perché si subisce da parte dello Stato un torto identico. Uno si ricorda dei torti subiti, non di quelli compiuti. Invece una persona si rende conto del male seminato solo quando tocca il bene».
Musumeci ricorda anche suor Grazia, «la mia suora del cuore», in clausura a Pratovecchio: «Mi segue da nove anni e una volta mi è venuta a trovare in carcere, a Padova. Pranzammo assieme, poi mano nella mano mi portò a conoscere un nuovo amico. Io chissà cosa mi immaginavo. Quell’amico era Gesù. Ecco, sono stati incontri come questi che mi hanno cambiato. Chiusi in una cella non è per nulla facile mutare vita».
Ora Musumeci si è preso un’altra laurea, questa volta in Filosofia a Padova, con lode. «Ho studiato per me stesso, per capirmi di più. Con le lauree in Giurisprudenza ho studiato per difendermi e per aiutare i miei compagni. Alla filosofia mi sono appassionato. In questi anni ho sempre letto di tutto. Spesso in carcere o non avevo la carta o non avevo la penna per annotare appunti. Il sistema, come è congegnato oggi, non vuole che una persona diventi buona, ma solo che faccia la buona. Lo considero un grande errore. Il carcere dovrebbe essere aperto. Se uno diventa buono, cambia e combatte. E allora si trasforma davvero in un sovversivo». Un sovversivo alla maniera di don Oreste Benzi, infaticabile apostolo della carità.
L’EVENTO: FESTIVAL DELLA COMUNICAZIONE
In occasione della 51ª Giornata delle Comunicazioni sociali (28 maggio), Società San Paolo e Figlie di San Paolo, in collaborazione con la diocesi di Cesena-Sarsina, organizzano il Festival della comunicazione, giunto alla 12ª edizione. Dal 19 al 29 maggio a Cesena si riflette su Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo: dieci giorni di conferenze, cinema, teatro e confronti. «Comunicare è una variante dell’evangelizzazione», dice monsignor Douglas Regattieri, vescovo di Cesena-Sarsina. «Il Festival offre la gioia di portare il Vangelo agli uomini del nostro tempo». Il Festival della comunicazione si inserisce nel ventaglio più ampio degli eventi paolini per la Settimana della comunicazione. Per saperne di più e conoscere il programma completo: www.settimanadellacomunicazione.it
L’INIZIATIVA: REGALA CREDERE AI CARCERATI
Prosegue la campagna Un gesto di cuore, promossa dalla Periodici San Paolo con l’obiettivo di regalare un abbonamento di Credere a chi attraversa momenti di difficoltà. Per contribuire si può procedere con una donazione attraverso il bollettino allegato alla rivista oppure tramite conto corrente postale (n. 20494209 intestato a Periodici San Paolo s.r.l., Piazza San Paolo 12, 12051 Alba, Cuneo. Causale: Fondo “Un gesto di cuore”), bonifico (Periodici San Paolo s.r.l., Banca popolare etica, via Spallanzani 18, Iban IT40 H050 1801 6000 0000 0177 473, causale: Fondo “Un gesto di cuore”), o con carta di credito, chiamando l’Ufficio abbonamenti allo 02/48.02.75.75. È possibile contribuire con un importo di 52,80 euro (pari all’importo dell’abbonamento) oppure con la somma che si ritiene adeguata. Le testimonianze significative aiutano tutti, detenuti compresi, a cambiare vita: la storia di Carmelo Musumeci lo dimostra.
Fonte www.credere.it/Franco Zanotti
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