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Don Bosco è il dono più grande che Torino ha fatto ai giovani del mondo

Intervista di Vatican Insider, supplemento web del quotidiano LA STAMPA, a don Pascual Chávez, Rettor Maggiore Emerito dei salesiani sul Bicentenario della nascita del santo piemontese

«Non vogliamo trasformare questa grande festa in uno spettacolo di fuochi d’artificio – spiega don Pascual Chávez – ma vogliamo viverla come un’occasione di profondo rinnovamento spirituale e pastorale». Mentre al Colle don Bosco (Asti) in questi giorni arrivano centinaia di salesiani e giovani da ogni continente per la solenne apertura del Bicentenario, sabato 16 agosto, don Chávez rilascia alcune dichiarazioni a Vatican Insider sull’evento che lo vedrà coinvolto nell’animazione spirituale.

Il bicentenario è stato da lungo tempo pensato e preparato. Qual è, ora, lo spirito giusto con cui vivere l’anno santo salesiano?

“Un bicentenario è un grande evento nella vita di qualsiasi istituzione, perché significa che essa ha una storia da raccontare e magari ancora tante belle pagine da scrivere. Perciò va vissuto con un profondo senso di gioia e gratitudine a tutti coloro che sono stati protagonisti di una tale storia.
Il bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco è difatti un grande giubileo, il che vuol dire un “anno di grazia”, innanzitutto per la Congregazione e la Famiglia Salesiana da lui fondata, a partire dall’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dalla Associazione dei Salesiani Cooperatori e dall’Associazione dei devoti di Maria Ausiliatrice.
E la forma migliore di celebrarlo è rendendo lode e grazie al Signore, con grande gioia e umiltà riconoscendo che è stato Lui che ha benedetto questo immenso movimento spirituale apostolico fondato da Don Bosco, sotto la guida di Maria Ausiliatrice.
Oggi la Famiglia Salesiana è formata da più di 30 gruppi ufficialmente appartenenti, oltre ad altri ugualmente ispiratosi a Don Bosco, al suo carisma, alla sua missione, alla sua spiritualità, che attendono il loro riconoscimento. A ciò si deve aggiungere il Movimento Salesiano formato da tutti coloro che, in un’altra maniera, fanno riferimento a Don Bosco pur senza appartenere a nessun gruppo.
Il bicentenario sarà l’occasione per guardare il passato con gratitudine, per affrontare il presente con maggiore fiducia e per sognare il futuro con coraggio lasciandoci guidare dallo Spirito, che ci apre sempre alla novità di Dio”.

Cosa riesce ancora a donare don Bosco ai giovani, dopo duecento anni dalla sua nascita, nel suo essere stato profondamente uomo e profondamente santo?

“L’attualità di don Bosco, quella che lo rende ancora significativo per i giovani di oggi, è appunto la sua triplice importante scelta: la prima, credere ai giovani, specialmente in questo momento in cui c’è una chiara tendenza a renderli dei meri consumatori di prodotti, di sensazioni ed esperienze, a farli spettatori della storia, invece di dare loro l’opportunità di diventare protagonisti e di collaborare nella trasformazione di questa società con la loro giovinezza.
La seconda, scommettere sulla loro educazione, che non si identifica con la scuola ma con l’arte di farli diventare persone umane ricche di valori, di sentimenti nobili e di ideali alti; professionisti competenti per la buona riuscita loro, l’inserimento efficace in questa società altamente concorrenziale; cittadini attivi impegnati nella costruzione di una società più giusta, solidale, ugualitaria, fraterna.
La terza, promuovere il sistema preventivo che porta a credere nelle energie di bene che ci sono nei giovani, persino nel più disgraziato, e quindi ad offrire delle opportunità educative e di lavoro di modo che possano sviluppare i loro talenti, le loro dimensioni, la loro vocazione umana, cristiana, sociale”.

Il bicentenario ha in programma una serie di eventi. Ma quando il 16 agosto 2015 sarà passato, cosa dovrà rimanere nel cuore di ognuno, tornando all’ordinarietà salesiana?

“Innanzitutto, gli eventi che sono stati programmati a livello mondiale per tutta la Congregazione e Famiglia Salesiana sono pochi ma scelti accuratamente, appunto per mettere a fuoco il senso profondo che si è voluto dare al Bicentenario. Ci sarà un Congresso Internazionale sullo sviluppo del carisma di Don Bosco, di carattere prevalentemente storico, un altro sul Sistema Preventivo, di carattere nettamente pedagogico, un altro su Maria Ausiliatrice, di carattere chiaramente spirituale; un incontro con i Vescovi salesiani e l’incontro mondiale del Movimento Giovanile Salesiano, che concluderà l’anno bicentenario. Ci saranno quindi altri eventi a livello regionale o nazionale o ispettoriale.
Come si vede, si ha esplicitamente evitato di ridurre il tutto a una festa di fuochi d’artificio, pur essendoci momenti di festa, e si è voluto puntare su un profondo rinnovamento spirituale e pastorale che porti a ciascuno dei membri della Famiglia di Don Bosco a fare proprie le sue grandi ispirazioni, motivazioni e scelte, e a rinnovare l’impegno di servire i giovani con totale dedizione, competenza e capacità di accompagnamento”.

Due appuntamenti impreziosiranno anche l’anno di don Bosco: l’ostensione della Sindone e la visita di papa Francesco nel mese di giugno. Che cosa segnerà tutto questo nella vita di fede dei torinesi?

“Non c’è dubbio che questi due eventi straordinari, l’ostensione della Sindone e la visita di papa Francesco, costituiscono momenti apicali della celebrazione del bicentenario. In primo luogo per il significato che riveste ciascuno di questi eventi. In secondo luogo perché tutti e due sono stati programmati come parte della celebrazione dei 200 anni di storia di uno dei santi più uniti alla città di Torino, San Giovanni Bosco. Questo vuol dire che Don Bosco è il dono più grande che Torino ha fatto ai giovani del mondo, e che Don Bosco ricambia il tutto portando migliaia e migliaia di pellegrini di tutto il mondo a questa città”.

Come si preparano i salesiani a questi tre appuntamenti?

“I Salesiani hanno fatto già un lungo ed impegnativo itinerario di preparazione dal 2008 in poi, con un progetto specifico per il triennio immediatamente anteriore. Essi sono stati chiamati a conoscere Don Bosco attraverso uno studio storico critico aggiornato, non meramente intellettuale ma anche affettivo; a contestualizzare e aggiornare e inculturare il Sistema Preventivo, traducendo con linguaggio e categorie di oggi tutto quanto questo metodo comporta sia per la formazione “del buon cristiano e dell’onesto cittadino” sia per la triplice colonna che lo rende possibile, ragione-religione-amorevolezza. Infine, l’impegno a fare nostra l’esperienza spirituale di Don Bosco, inseparabile della realizzazione della missione, perché egli era convinto che lavorando per i giovani era anche coinvolto nella trama salvifica di Dio.
La preparazione più immediata è stata già tracciata dalla Strenna per il 2015, che ci rilancia in missione ai giovani e con i giovani, come Don Bosco. La nostra sfida è dunque tornare ai giovani, stando in mezzo a loro, specialmente con i più poveri ed emarginati, sentendo la gioia d’essere per loro “segno dell’amore previdente di Dio”.

Don Chávez, come vivrà il Bicentenario da Rettor Maggiore Emerito?

“Lo vivrò in perfetta e cordiale sintonia con il Rettore Maggiore, don Ángel Fernández Artime, partecipando nel possibile nei diversi eventi organizzati, e, soprattutto, servendo la Congregazione e la Famiglia Salesiana con il servizio di animazione che mi è stato chiesto attraverso gli Esercizi Spirituali, Conferenze, Ritiri, articoli…
Vorrei aggiungere una nota molto personale, proprio questo 16 agosto compirò 50 anni di professione religiosa salesiana, ed è molto bello per me vedere che una quarta parte della storia del bicentenario l’ho vissuta attivamente da salesiano. Sarà dunque un’occasione privilegiata per rinnovare la mia totale consegna al Signore, a Don Bosco, ai giovani”.

Di Antonio Carriero

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