La storia del prete di periferia di Pavia a cui Papa Francesco ha riconosciuto le virtù eroiche e lo ha incamminato verso la beatificazione
Don Enzo Boschetti (1929-1993) è il fondatore della comunità “Casa del Giovane” di Pavia, attiva contro le dipendenze ed altre forme di disagio. Il 15 febbraio 2006 il vescovo di Pavia monsignor Giovanni Giudici ha ufficialmente aperto la causa di beatificazione di don Enzo. Conclusa la prima fase del processo il 15 febbraio 2008, il parroco è stato dichiarato Servo di Dio. Ora la causa sta proseguendo presso la Congregazione per le Cause dei Santi.
Da dove proviene la santità di un prete, praticamente dei nostri giorni? La si coglie conoscendo la sua storia di buon prete di periferia, raccontata da Famiglia Cristiana.
Nato a Costa de’ Nobili, in provincia di Pavia, da una famiglia modesta, Enzo era fuggito di casa a vent’anni per il Carmelo, per sette anni fu frate carmelitano con il nome di Fra Giuliano, anche missionario in Kuwait, ma la vocazione adulta andò maturando, in un tormentato percorso interiore, in un’altra direzione: il sacerdozio alla frontiera, il servizio del Vangelo alla lettera. «Quello che avete fatto a ognuno di questi piccoli, l’avete fatto a me».
Don Enzo è stato tra i primi a lottare in città contro la diffusione dell’eroina e poi dell’azzardo. E lo ha fatto in zona di Ticinello, a pochi isolati dal centro storico: in un quartiere residenziale, nato ai tempi del boom economico, come salotto buono. Lo era, ma non per tutti. Era il 1968 e l’emergenza si chiamava eroina.
Dato che la parrocchia, il Ss. Salvatore che la città conosce con il nome dell’oratorio San Mauro, era oltre il ponte della ferrovia, don Enzo trovò tra mille difficoltà il modo di arrangiarsi con quel che c’era contando sulla disponibilità delle persone: uno scantinato consacrato divenne la sua chiesa. Di giorno vi celebrava la Messa, di notte vi accoglieva ragazzi smarriti togliendoli dalla stazione e dalla strada. Nato come un garage, lo scantinato era buio e grigio anche alla Messa della domenica e niente ne nascondeva le origini.
Lo stile di vita che don Enzo proponeva era concreto e innovativo, caratterizzato dall’accoglienza immediata, dalla logica della prevenzione educativa e dalla responsabilizzazione dei giovani ospiti. Al cuore del metodo educativo vi era la condivisione reale di vita tra educatori, volontari e ragazzi ospiti, insieme a tanta gioiosa e concreta povertà. Il tutto ispirato al Vangelo e sostenuto da una preghiera umile, nascosta e profondamente immersa nella carità.
In quello scantinato è nato il progetto “Casa del giovane”, ufficialmente inaugurato da don Enzo nel 1971. Ora non è più un luogo buio e degradato, ma colorato e luminoso, accoglie la mostra permanente “Dal buio alla luce“, dedicata alla storia della “Casa del Giovane” e di don Enzo.
Dal 2005 è diventata la Cappella del Sacro Cuore, una chiesa vera, concepita nel 1993, e illuminata dalle vetrate di Padre Costantino Ruggeri.
Di Gelsomino del Guercio per Aleteia.org
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