Italiae et Ecclesia

Don Luca, per cogliere la Bellezza del Creato, regala ai ragazzi il seme di un albero da piantare per la Prima Comunione

Don Luca, per cogliere la Bellezza del Creato, regala ai ragazzi il seme di un albero da piantare per la Prima Comunione

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Il sacerdote toscano in prima linea per la tutela della “casa comune” «Le piante salveranno il mondo»

«Ci vuole un fiore», cantava Sergio Endrigo in quella poesia in musica scritta con Gianni Rodari. Parafrasando quel celebre brano che ha tirato su generazioni di bambini, per don Luca Franceschini ci vuole (o ci vorrebbe) un albero. Anzi, ne servirebbero tanti. Per che cosa? «Per contrastare il surriscaldamento del pianeta e l’effetto serra», risponde deciso il 53enne sacerdote della diocesi di Massa Carrara-Pontremoli, nell’alta Toscana. Una lunga barba bianca che gli contorna il viso, sguardo lieto e indagatore, don Luca assomiglia, d’impatto, a uno di quegli uomini delle favole, buoni e generosi, che hanno il privilegio di far battere il loro cuore al ritmo del creato.

E in sostanza è così davvero. Parroco della Visitazione della Beata Vergine Maria, a Massa, conosciuta da tutti come Madonna del Monte, perché costruita sul finire del XVI secolo alle pendici del Monte di Pasta, è anche direttore diocesano e regionale dell’Ufficio beni culturali ecclesiastici e membro del Comitato per la valutazione dei progetti di intervento a favore dei beni culturali ecclesiastici e dell’edilizia di culto della Cei, in rappresentanza dell’Italia centrale.


Cogliere frammenti di Bellezza

Insomma, don Franceschini è spesso circondato dal bello, da quello che l’arte ha prodotto nei secoli per cogliere almeno qualche frammento della Bellezza con la maiuscola. Nello stesso tempo è anche un uomo profondamente innamorato del Creato. «Tutto parte da quando ero un ragazzino – racconta –. Avevo un cugino che collezionava coleotteri e che conosceva tutto sulla natura. Mi regalava libri che mi hanno sensibilizzato ai temi del Creato».

Per questo, giovanissimo, Luca si iscrive al Wwf, poi alla Lipu. «E – racconta ancora – negli anni delle scuole superiori andavo in cerca di alberi secolari da segnalare al Wwf perché venissero catalogati e protetti». Poi il Seminario, l’ordinazione sacerdotale, ma gli impegni pastorali non lo hanno mai distolto dal coltivare l’attenzione al creato. Tutt’altro. Si è messo anche a piantarli, gli alberi.

Come quel meraviglioso tiglio in Garfagnana, che ha attecchito nel prato dove organizza i campi dell’Acr. O come il gingko biloba, che ha deciso di regalare a Viola, nipote di una sua cugina, per la sua Prima Comunione. «Non sono uno che ama fare i regali – confessa – e soprattutto quando li faccio, mi piace che significhino qualcosa. Così, in occasione della prima Comunione di Viola, ho pensato che il regalo migliore che potevo fare a lei e alla sua generazione era un albero».

Il gingko biloba

L’ha scelto con cura, don Luca. Il gingko biloba non è, infatti, un albero qualsiasi.

È un fossile vivente, dal momento che ha origini nella preistoria. «Esisteva già ai tempi dei dinosauri – conferma don Franceschini – ed è anche un albero medicinale. Il segno mi è sembrato bello». Assieme all’albero una bella lettera, nella quale don Luca spiega alla nipotina il valore di quel dono: «Sono convinto, infatti che saranno gli alberi a salvare il mondo dall’inquinamento e dal riscaldamento, che ne è conseguenza. La Comunione è la vita e la salvezza per noi, dobbiamo però pensare anche al nostro mondo, al futuro dei bambini. Pur convinto che Gesù è l’unico Salvatore del mondo, mi sento anche di dire che “gli alberi salveranno il mondo”. Proprio loro che sono un prezioso dono di Dio. Allora grazie a Gesù che ci salva e grazie a Dio per la sua creazione».

Per don Franceschini l’impegno della Chiesa sul versante della tutela dell’ambiente è significativo, ma ci sono ancora margini. «Ancora tra noi cattolici non c’è una mentalità sufficientemente attenta al Creato. Non c’è bisogno di diventare ecologisti, perché è Gesù che salva il mondo. Tuttavia c’è anche la nostra responsabilità in gioco. Il Creato è dono di Dio e non altra cosa dall’amore per il Signore. La teologia della centralità dell’uomo, che è naturalmente buona, rischia di tradursi per noi in padronanza sul Creato. Mentre siamo custodi e come tali dovremmo esercitare più responsabilità».

Piantare alberi, allora, può diventare un piccolo segno concreto di questa custodia, che ha bisogno di scelte coerenti e lungimiranti. «Ultimamente – conclude don Luca – viaggio molto e mi accorgo che lungo le strade gli alberi stanno scomparendo, perché vengono tagliati… Io credo invece che vadano piantati».

Di Giacomo D’Onofrio per Avvenire.it

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