«Perché sono qui? Ma non sapete che i poveri sono gli eredi del regno di Dio?». Don Marco Frediani, 55 anni, ha il passo lento mentre cammina tra le casette del campo rom di via della Chiesa Rossa, nell’estrema periferia sud di Milano. «Il Vangelo mi dice che devo fare una scelta per i poveri, non per i ricchi».
Il timido prete milanese, che da due anni presta servizio nei campi rom di Milano, si è reso conto, giorno dopo giorno, «di quanto la realtà sia diversa da quella che viene raccontata dai media. Vivevo di discriminazioni e preconcetti, mentre ora ogni giorno imparo qualcosa di nuovo su questo popolo».
La poca conoscenza diffusa nei riguardi del popolo rom, infatti, è la stessa che gli mette i bastoni tra le ruote in parrocchia, dove lo chiamano “il cappellano degli zingari”.
«Una donna molto devota», continua don Marco, «una sera mi ha addirittura detto che, se continuo a predicare tra i nomadi, presto ci sarà un nuovo Adolf Hitler». Ma don Marco non si spaventa e continua a dividersi tra la comunità pastorale di Pieve Emanuele, cui dedica il weekend, e il campo nomadi di Brugherio — in provincia di Monza e Brianza — dove dal lunedì al venerdì la sua casa è una roulotte circondata da un’ottantina di rom.
D’altronde, secondo il prete dovremmo lasciarci avvolgere dal fascino del nostro passato nomade: «Il rischio di essere sedentari è di attaccarsi al dono e non al donatore», continua il prete, ricordando quando nell’Esodo (capitolo 25, versetto 15) si descrive un’Arca dell’Alleanza «che deve essere sempre in cammino».
Spiega il sacerdote: «Tutta la storia del Vecchio Testamento rimanda a un passato nomade perché il Signore vuole camminare insieme al suo popolo. Così noi dobbiamo imparare a perdere le certezze dell’essere sedentari». Un percorso, quello di don Marco, che è un invito ad aprirsi al diverso.
«Una volta in un villaggio rom in Romania, una donna molto anziana mi ha offerto il suo letto per tre notti, scegliendo di dormire per terra piuttosto che rifiutarsi di accogliermi in casa. Questa stessa ospitalità io non l’ho ancora mai vista in un gadjo (in gergo romanì significa “non rom”, ndr.) ma mi piacerebbe tanto contribuire a farla nascere».
Nel campo di Brugherio, accanto alla roulotte del prete, vive anche il padre barnabita Luigi Pieraboni e l’86enne monsignor Mario Riboldi, cappello di feltro in testa e più di 60 anni dedicati ai nomadi. «Senza don Mario, che è stato il primo prete a vivere tra rom e sinti, non sarei mai riuscito a entrare in questo mondo», conferma don Marco mentre prepara i manuali per andare alla sua lezione di romanì. «A me tocca continuare il suo lavoro ma con la mia sensibilità: iniziare il mio personale viaggio nel mondo rom».
Un percorso che, a ben pensarci, don Frediani non riesce neppure a capire come sia iniziato: «Le cose più importanti della vita non hanno un perché», dice asciutto il don. «È un po’ come innamorarsi. Non so il motivo, ma io sto bene con i rom».
Redazione Papaboys (Fonte www.famigliacristiana.it/Elisa Murgese/Foto di Chiara Asoli)
Papa Francesco ha annunciato eventi di straordinaria importanza per il prossimo Giubileo del 2025, un anno santo dedicato alla riflessione…
Maria, Avvocata nostra, prega per noi! Signor mio Gesu' Cristo Crocifisso, Figlio della B. V. Maria, apri le tue orecchie…
Sant’Edmondo: vita e preghiera per una grazia Sant'Edmondo è stato un sovrano e martire inglese; è considerato da molti il…
Novena alla Madonna della Medaglia Miracolosa Il testo della preghiera alla Madonna della Medaglia Miracolosa si può recitare per nove…
Dedicazione delle basiliche dei Santi Pietro e Paolo Storia e preghiera della festa di oggi 18 Novembre: Dedicazione delle basiliche dei…
Questo sabato 18 novembre inizia il Triduo alla Madonna della Salute. Rivolgiamoci a Lei per la guarigione del corpo e…