Riportiamo una parte dell’intervista a Don Marco Pozza, pubblicata su www.vocedeiberici.it e realizzata da Marta Randon…
Scopriamo meglio la straordinaria figura di don Marco Pozza, il prete conduttore televisivo, conosciuto dai ragazzi come don Spritz. Da nove anni è Cappellano del carcere “Due Palazzi” di Padova e collaboratore di papa Francesco con il quale ha registrato “Padre Nostro”, “Ave Maria” e “Il Credo” su Tv 2000, dalle quali sono tratti due libri, scritti «a quattro mani».
«A casa mia ho conosciuto prima Lei che suo Figlio . Sono stato fortunatissimo: nessuno ti può parlare con più verità, più conoscenza del figlio che sua madre. Sin da bambino mi hanno insegnato a mettere la vita sotto il “mantello” della Madonna di Monte Berico. Le devo tutto, sopratutto il fatto di non avermi mai fatto svergognare tutte le volte che sono tornato da Lei per dirle: “Mamma, ho (ri)sbagliato!” Ricordo che avvicinandomi al colle – in bicicletta, a piedi, in treno – mi vergogno al solo pensiero di raccontare a Cristo certe birbonate. È capitato anche poche settimane fa. Così gliele racconto a Maria e poi le dico: “Quando vedi che tuo Figlio è di buon umore, parlagli un attimo della mia situazione”. Per me questa è la forza di intercessione: Maria mi “dà un passaggio” per arrivare diritto al cuore del Figlio. Che, puntualmente, sempre interviene nella mia storia. Grazie alla buona-parola che ci mette Lei».
«Essendo nato nel 1979, la mia fede è cresciuta e si è confermata sotto la guida di tre Pontefici: Giovanni Paolo è stato per me un Papa da guardare, Benedetto XVI un Papa da ascoltare, Francesco un Papa da toccare. Con Francesco, poi, ho dovuto aggiungere un accento: da Papa a Papà. Dio è generosissimo con me, mi sta donando una pagina sacra incredibile da vivere in questi anni: stare a contatto spiritualmente con Pietro è come stare seduti alla sorgente e poter bere l’acqua appena uscita dalla fonte. Freschezza pura. Ho intuito perchè questa grazia sia capitata proprio a me. Le predilezioni di Dio non sono proporzionali ai meriti, bensì ai bisogni-urgenti. Quest’incontro non lo merito, ma Dio lo sapeva che era l’unico modo con cui poteva parlarmi senza interferenze.
È valso di più il primo sguardo di Francesco che tutta la formazione fatta in Seminario: certe volte Dio si prende in prestito gli occhi di un altro per guardarti in borghese. E, amandoti, correggerti.
I lavori che facciamo assieme sono solo lo “zero-virgola” d’una storia che potrò capire solo vivendola. Lasciandomi guidare dallo sguardo di un uomo dall’umanità “imbarazzante”».
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