Il suo nome era già stato deciso da mesi, da quando mamma e papà avevano scoperto che sarebbe nato un maschietto: Marco. Un nome legato al dio della guerra e dunque a chi combatte. E Marco ha combattuto tanto mentre era nella pancia della sua mamma. Ha combattuto lui e ha combattuto anche lei, Antonella Facchini. L’avevamo lasciata nel mese di febbraio quando era stata ricoverata prima a Trento e poi a Padova per gravi complicanze legate all’influenza N1H1. Avevamo scritto di lei quando, in coma, lei e il piccolo erano nel reparto di rianimazione. Poi era arrivata la notizia che erano fuori pericolo. Ora, a distanza di qualche mese, la splendida novità. Marco è nato e lui e la mamma stanno benissimo. E così tutti in famiglia hanno tirato un grande sospiro di sollievo, anche il fratellino Paolo e il papà Luca Pellegrini.
Ma riavvolgiamo il nastro e torniamo in pieno inverno, al 31 gennaio di quest’anno. «Il mio piccolo era reduce da qualche giorno di febbre e anch’io mi sono ammalata. Ho sentito subito la mia dottoressa e mi ha detto di prendere l’antibiotico perché avevo mal di gola ed ero tutta intasata». Antibiotico che però non è bastato. «Inizialmente sembrava andasse meglio tanto che la febbre se ne era andata per un giorno. E invece, il giovedì, ho iniziato ad avere problemi a respirare.Ho chiamato il sostituto della mia dottoressa, che nel frattempo si era ammalata, il quale mi ha detto che avevo un piccolo versamento nei polmoni».
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Ma a quel punto la situazione sembrava ancora sotto controllo. Venerdì nuovo peggioramento e primo consulto al pronto soccorso. «Mi aumentarono la dose di antibiotico e ne aggiunsero un altro. A quel punto speravo che la situazione sarebbe migliorata nel giro di poche ore. Tutti quei medicinali da prendere con il mio bambino in pancia mi facevano paura ma non avevo alternative». Eppure nemmeno i farmaci sembravano riuscire a debellare il maledetto virus. Anzi per Antonella le cose sembravano andare sempre peggio. La difficoltà a respirare, la febbre alta, la spossatezza. «La domenica tornai al pronto soccorso dove mi accolsero in codice rosso e mi ricoverarono in terapia intensiva. Il giorno dopo mi dissero che avrebbero dovuto portarmi a Padova perché la situazione stava peggiorando di ora in ora».
Immaginabile lo stato d’animo di questa mamma che aveva un bimbo di due anni a casa e un altro di appena 23 settimane in pancia. «Mi dissero anche che dovevano mettermi in coma farmacologico e intubarmi. Mi affidai ai medici e lasciai che facessero ciò che ritenevano necessario». Così per mamma Antonella è iniziato un lungo sonno forzato durante il quale è stata trasferita in elicottero a Padova, sottoposta a terapia con l’ossido nitrico e alimentata con un sondino. Il tutto per sette lunghissimi giorni durante i quali ad assisterla c’era il marito, mentre il bambino che aveva in grembo veniva continuamente monitorato. «Mi hanno rassicurato dicendomi che lui è sempre stato bene, è cresciuto anche in quei giorni. Certo, fino a quando non l’ho visto non ero tranquilla», racconta la donna. Per i primi tre giorni la prognosi era riservata, poi si sono visti i primi segni di miglioramento. «Dopo sette giorni di coma provarono a svegliarmi e farmi respirare da sola ma ero ancora troppo affaticata e mi dovettero intubata di nuovo. Ci riprovarono qualche giorno dopo e finalmente fu la volta buona. Piano piano tolsero anche il sondino e ricominciai a mangiare e respirare».
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Il 2 marzo Antonella con Marco il «guerriero» nella pancia è tornata al Santa Chiara dove per dodici giorni è rimasta ricoverata nel reparto di ostetricia e ginecologia. «Dovevano sistemare dei paramenti e controllare che tutto procedesse bene», racconta la neo mamma. Momenti duri, tanto che Antonella, ripercorrendoli anche solo con il pensiero e le parole, in più di un’occasione si emoziona fino alle lacrime. Intanto la gravidanza procedeva. Marco avrebbe dovuto nascere il 13 giugno, ma considerato che anche Paolo era nato con un parto cesareo e tenuto conto del recente ricovero, d’accordo con i medici Antonella ha otpato per un parto cesareo programmato.
Così il 4 giugno Marco ha emesso il suo primo vagito. 3.210 grammi di pura dolcezza. «È un bambino tranquillo, come lo era Paolo da piccolo, e ovviamente prenderlo in braccio dopo tutto quello che è successo è stata un’ emozione indescrivibile per tutti. Fortunatamente ora è davvero tutto finito e posso godermi questi momenti».
Servizio di Patrizia Todesco per il Quotidiano L’Adige