È difficile parlare e scrivere di calcio, mentre una famiglia piange un figlio ucciso da un colpo di pistola durante gli scontri tra tifosi prima della finale di Coppa Italia. Ciro Esposito, il giovane tifoso napoletano, è morto questa mattina a Roma dopo 50 giorni di agonia. A nulla sono servite le cure: Ciro non ce l’ha fatta. La sua morte è il vero “fallimento” per il calcio italiano. Non il “fallimento” riconosciuto da Buffon, il capitano della Nazionale umiliata in Brasile. Un “fallimento”, quello del calcio violento, che precede quello del calcio giocato e in qualche modo lo ha preconizzato. Se non riusciamo a rendere una partita di calcio un momento di gioia e di festa sportiva perché mai dovremmo meritare di vincere un Mondiale? No, anche una qualificazione strappata per il rotto della cuffia e con un indecente catenaccio ci avrebbe reso felici. Non siamo così stupidi da pensare che ci sia un nesso fra gli avvenimenti, la morte di Ciro e l’esclusione dal Mundial, ma certamente abbiamo molto da imparare. Innanzitutto dobbiamo sapere che ogni traguardo va meritato sino in fondo. Facciamo dei nostri stadi un luogo sicuro e accogliente per le famiglie, espelliamo dalle tifoserie i violenti, ridimensioniamo i costi del gioco allineandoli alla vita (durissima) dei cittadini normali, ripuliamo i linguaggi calcistici televisivi ridotti ai fumi di osteria e ai giochi beceri e triviali di scaramanzia. Cesare Prandelli, da galantuomo, ci ha provato. Peccato che non ce l’abbia fatta. Oggi le sue dimissioni valgono oro sul piano della correttezza civile. Ripulire il calcio è una possibilità che ci viene offerta per renderci migliori. Noi non smetteremo di dirlo. E con noi tutti quelli che piangono il povero Ciro.
Non ce l’ha fatta Ciro Esposito, il tifoso del Napoli gravemente ferito il 3 maggio scorso durante gli incidenti avvenuti fuori allo Stadio Olimpico di Roma, in occasione della finale di Coppa Italia. E’ spirato all’alba. La notizia è stata comunicata poco dopo le 6 e 30 dal professor Massimo Antonelli, direttore del Centro di Rianimazione del Policlinico Gemelli dove il giovane era ricoverato. “Dopo 50 giorni di rianimazione intensa e protratta – si legge in nota – il signor Ciro Esposito è da poco deceduto per insufficienza multiorganica non rispondente alle terapie mediche e di supporto alle funzioni vitali”.
Una lunga agonia-. Il 19 giugno scorso era stato sottoposto a una nuova operazione chirurgica, dopo avere subito pochi giorni prima una lobectomia superiore destra e, in precedenza, diversi altri interventi chirurgici dai quali non si era mai ripreso completamente per via di numerose complicanze dovute alla grave lesione traumatica subita. Ciro Esposito venne ferito in un agguato il 3 maggio, poche ore prima della finale di Coppa Italia a Roma fra Fiorentina a Napoli. Il giovane di Scampia venne raggiunto da colpi di pistola in via Tor di Quinto e da allora ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma.
Il dolore-. Un dolore composto e dignitoso, come di chi si fosse preparato a lungo a una notizia terribile, quello familiari di Ciro Esposito. I parenti si sono riuniti all’ospedale e si sono stretti intorno ai genitori, Giovanni Esposito e Antonella Leardi, al fratello Michele e alla fidanzata Simona che, in queste settimane di attesa, non si sono mai allontanati dal Policlinico.
Il lutto cittadino-. Il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, ha proclamato il lutto cittadino. Lo ha egli stesso annunciato con un tweet nel quale ha scritto: “Ciro è morto e a Napoli proclamiamo il lutto cittadino. Per Ciro, per i familiari, per il nostro popolo. Per dire no al binomio calcio-violenza”, conclude De Magistris.
De Laurentis-. Un invito a riflettere per tutti, dentro e fuori il mondo del calcio, quello del presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis dopo la scomparsa del giovane tifoso Ciro Esposito. ”Questa tragedia deve far riflettere tutto il mondo del calcio e delle istituzioni che collaborano con esso – dice il presidente del Napoli in un tweet – Ciro era un nostro tifoso che voleva passare una serata di gioia tifando per la propria squadra”.
L’avvocato-. – “La famiglia di Ciro è distrutta dal dolore, anche se era una notizia che ci aspettavamo: ci stiamo attivando per ottenere che la camera ardente venga fatta a Scampia e la dichiarazione del lutto cittadino e nazionale, è una cosa dovuta”, ha aggiunto ai microfoni di SkyTg24 l’avvocato Damiano De Rosa, uno dei legali della famiglia di Ciro Esposito. “I tempi del trasferimento della salma a Napoli dipendono dalle valutazioni della magistratura: faremo il possibile per accelerarli perchè Ciro il prima possibile possa essere abbracciato dalla sua città”.
I complici-. “Daniele De Santis non era solo. Vogliamo che vengano individuati e consegnati alla giustizia i suoi complici. Vogliamo che chi – ha ribadito in una nota la famiglia di Ciro – nella gestione dell’ordine pubblico, ha sbagliato paghi. Innanzitutto il prefetto di Roma che non ha tutelato l’incolumità dei tifosi napoletani. Chiediamo al presidente del Consiglio di accertare le eventualità responsabilità politiche di quanto accaduto”. “Il nostro sentito grazie al personale medico e paramedico del policlinico Gemelli per la loro umanità e professionalità e a quei napoletani come il proprietario dell’albergo romano che ci ha fatto sentire il calore e l’affetto della nostra città. Al presidente del Napoli, al sindaco di Napoli e al presidente della ottava municipalità di Napoli – sottolineano i familiari – va tutta la nostra riconoscenza”. a cura di Ornella Felici