Riprendono, anche se lentamente e tra enormi difficoltà, i colloqui tra forze lealiste e ribelli sciiti huthi per riportare la pace nel martoriato Yemen.
Nei prossimi giorni, Amman, capitale della Giordania, ospiterà un nuovo round negoziale, sotto l’egida dell’Onu, a cui parteciperà anche la Croce Rossa internazionale, per lo scambio di migliaia di prigionieri.
Secondo fonti vicine alle trattative — mediate dalle Nazioni Unite sin dai negoziati tenuti lo scorso dicembre nella cittadina svedese di Rimbo — tra gli oltre 15.000 militari prigionieri, ci sono numerosi alti ufficiali della coalizione internazionale a guida saudita. Già due settimane fa si sono svolti ad Amman analoghi negoziati a porte chiuse.
Al centro del faccia a faccia, sempre mediato dalle Nazioni Unite, i meccanismi per garantire il disimpegno militare del porto, da dove transita circa l’80 per cento degli aiuti umanitari diretti alla popolazione del paese, devastato da oltre tre anni e mezzo di combattimenti e da una dilagante carestia. Secondo alcuni rapporti internazionali sono 85.000 i bambini morti di fame nello Yemen negli ultimi tre anni, in una guerra spesso dimenticata.
Nonostante i segnali di apertura negoziale, sul terreno non si fermano le violenze. I rispettivi organi di propaganda della coalizione militare a guida saudita e degli huthi parlano di scontri sporadici proprio nella regione di Hodeidah, lungo la strada che collega la città alla capitale Sana’a, saldamente in mano agli insorti. E proprio verso Sana’a era diretto, secondo fonti militari di Riad, un carico di esplosivi, razzi e droni atteso dai ribelli. Dal canto loro, gli huthi affermano di avere «inflitto pesanti perdite» negli scontri a nord di Hodeidah, «uccidendo numerosi sauditi». Ma le informazioni non possono essere verificate in maniera indipendente sul terreno.
Infatti a causa del conflitto, le Nazioni Unite non possono raggiungere e distribuire il cibo che si trova nei depositi nelle vicinanze di Hodeidah.
Intanto, sempre a Hodeidah, il generale olandese Patrick Cammaert, incaricato dall’Onu di guidare l’avanguardia di osservatori internazionali, presiederà l’attesa riunione della Commissione tripartita per il disimpegno, formata dagli osservatori delle Nazioni Unite, da rappresentanti degli huthi e da quelli delle forze lealiste.
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UNO DEI TANTI APPELLI DI PAPA FRANCESCO PER LA PACE NELLO YEMEN
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Il mandato di 30 giorni di Cammaert è scaduto, ma la sua missione è stata prolungata in attesa dell’arrivo di nuovi osservatori internazionali, guidati dal generale danese, Michael Lollesgaard.
Osservatore Romano, 5 febbraio 2019
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