Sancta Sedes

“Dov’è Dio quando gli innocenti muoiono per il terrorismo?”

La Via Crucis della Giornata mondiale della Gioventù con Papa Francesco: «Il Signore vuole fare di voi una risposta concreta ai bisogni e alle sofferenze dell’umanità». L’abbraccio ai giovani siriani presenti

«Dov’è Dio? Dov’è Dio, se nel mondo c’è il male, se ci sono uomini affamati, assetati, senzatetto, profughi, rifugiati? Dov’è Dio, quando persone innocenti muoiono a causa della violenza, del terrorismo, delle guerre? Dov’è Dio, quando malattie spietate rompono legami di vita e di affetto? O quando i bambini vengono sfruttati, umiliati, e anch’essi soffrono a causa di gravi patologie?». La meditazione di Papa Francesco a conclusione della Via Crucis nella spianata del Parco Blonia inizia con una serie di domande «per le quali non ci sono risposte umane».

Bergoglio arriva dai giovani che già da tre ore hanno seguito testimonianze, filmati, canti e preghiere. La Via Crucis – Via della Misericordia prevede la proiezione di collegamenti video. Ad ogni stazione la croce viene portata da un diverso gruppo di giovani appartenenti a varie associazioni di diversi Paesi.

Nel suo intervento, Francesco, dopo una giornata trascorsa a contatto con la memoria dolorosa del passato e con le sofferenze dei più piccoli, spiega che in mancanza di risposta per il dolore innocente «Possiamo solo guardare a Gesù, e domandare a Lui. E la risposta di Gesù è questa: “Dio è in loro”, Gesù è in loro, soffre in loro, profondamente identificato con ciascuno».

È Gesù stesso che «ha scelto di identificarsi in questi nostri fratelli e sorelle provati dal dolore e dalle angosce, accettando di percorrere la via dolorosa verso il calvario».



«Abbracciando il legno della croce – ha detto Francesco – Gesù abbraccia la nudità e la fame, la sete e la solitudine, il dolore e la morte degli uomini e delle donne di tutti i tempi. Questa sera Gesù, e noi insieme a Lui, abbraccia con speciale amore i nostri fratelli siriani, fuggiti dalla guerra. Li salutiamo e li accogliamo con affetto fraterno e con simpatia».

Il Papa ha quindi ricordato le 14 opere di misericordia: dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire chi è nudo, dare alloggio ai pellegrini, visitare gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti; e consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.

«Siamo chiamati – ha aggiunto – a servire Gesù crocifisso in ogni persona emarginata, a toccare la sua carne benedetta in chi è escluso, ha fame, ha sete, è nudo, carcerato, ammalato, disoccupato, perseguitato, profugo, migrante. Lì troviamo il nostro Dio, lì tocchiamo il Signore. Ce l’ha detto Gesù stesso, spiegando quale sarà il “protocollo” in base al quale saremo giudicati: ogni volta che avremo fatto questo al più piccolo dei nostri fratelli, l’avremo fatto a Lui».

Nell’accoglienza dell’emarginato «che è ferito nel corpo, e nell’accoglienza del peccatore che è ferito nell’anima, si gioca la nostra credibilità come cristiani. Non nelle idee: lì».



Oggi l’umanità, afferma Francesco, «ha bisogno di uomini e di donne, e in modo particolare di giovani come voi, che non vogliono vivere la propria vita “a metà”, giovani pronti a spendere la vita nel servizio gratuito ai fratelli più poveri e più deboli». Percorrendo la via della croce, «che non è sadomasochista» – aggiunge senza leggere il testo scritto – la via dell’impegno personale e «del sacrificio di voi stessi». La via della croce è «la via della speranza, e io vorrei che voi foste seminatori di speranza».

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«Cari giovani – conclude Bergoglio – in quel Venerdì Santo molti discepoli ritornarono tristi alle loro case, altri preferirono andare alla casa di campagna per dimenticare la croce. Vi domando: come volete tornare questa sera alle vostre case, ai vostri luoghi di alloggio? Come volete tornare questa sera a incontrarvi con voi stessi? Il mondo ci guarda. A ciascuno di voi spetta rispondere alla sfida di questa domanda».

di Andrea Tornielli per Vatican Insider

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