Arrivano i Cacciatori di Sicilia, un’unità speciale dei Carabinieri, di stanza a Sigonella, creata per la ricerca dei grandi latitanti di Cosa Nostra. Ma stavolta si tratta di ritrovare il piccolo Gioele, 4 anni, figlio di Viviana Parisi, la dj torinese (da tempo trasferitasi nel Messinese), morta sotto un traliccio dell’alta tensione. In queste ore stanno arrivando a Caronia anche tre cani molecolari. E un geologo forense, specializzato nella ricerca di corpi sottoterra.
Dopo dodici giorni di ricerche si perlustrano i pozzi. È lì che si pensa – come aveva suggerito la veggente Rosemary (‘Il bambino è coperto d’acqua’) – possa essere finito il corpicino di Gioele. Arrivano anche i fratelli e i cugini di Daniele Mondello, marito di Viviana e padre del bambino, e parte la polemica. «Le ricerche sono scattate in ritardo e ancora oggi non si capisce perché i soccorritori non siano usciti all’alba e abbiano atteso le nove». Daniele però zittisce le controversie: «Amo mio figlio, aiutatemi a trovarlo».
Il procuratore di Patti, Angelo Cavallo spiega che le immagini, catturate a Sant’Agata di Militello da tre telecamere di videosorveglianza di negozi, riprendono il «bambino vivo, in quel momento era in macchina tranquillo». Gioele, quindi, era vivo a Sant’Agata di Militello e potrebbe esserlo stato fino al momento dell’incidente nella galleria. In uno dei filmati – racconta chi lo ha potuto visionare – si vedere chiaramente il bambino nell’abitacolo dell’Opel Corsa della mamma. Le immagini coprono gran parte dei 22 minuti di buco (dalle 10,30 alle 10,52) certificato dall’ingresso e dall’uscita dal casello autostradale di Sant’Agata (probabilmente dopo aver fatto benzina, ma senza pagare pedaggio: un altro mistero perché aveva soldi e bancomat). Ed è per questo che Cavallo si spinge ad ammettere che «siamo ragionevolmente sicuri che al momento dell’incidente la signora fosse ancora con il figlio».
L’ultimo buco è quello dalle 10,52 (ora del nuovo ingresso sulla A20) alle 11,07, ora dell’incidente nella galleria di Pizzo Turda. Quindici minuti durante i quali il piccolo era certamente in auto: ma respirava ancora? A detta di una famiglia di settentrionali, presenti sulla piazzola all’uscita della galleria, Gioele era ancora in vita. Non è un particolare da poco. I quattro componenti della famiglia – il padre quasi calvo, abbronzato e di corporatura robusta, indossava una maglietta arancione, la donna sui 45 anni, un vestito blu – sono svaniti nel nulla. Potrebbero sciogliere un dubbio investigativo importante: Gioele stava bene, era in vita e camminava da solo? O la madre lo teneva in braccio già cadavere mentre si dirigeva verso la boscaglia?
In questo secondo caso Viviana non avrebbe potuto percorrere i due chilometri fino al traliccio in cui ha trovato la morte e si sarebbe disfatta del corpo prima. Ma Gioele viene infatti descritto come un ‘piccolo colosso’: difficile pensare che potesse restare in braccio per un tratto così lungo e impervio. In serata l’ultima ipotesi degli inquirenti: il bimbo potrebbe essere morto nell’incidente e Viviana potrebbe aver sepolto il corpo e poi essersi suicidata. E mentre i soccorritori scandagliano i pozzi e gli anfratti, anche lungo la scarpata che porta verso il mare, si stanno concludendo gli esami sulla Opel Corsa. Da un primo riscontro, emergerebbero elementi «di oggettivo interesse investigativo»