COME GIUSEPPE
Pensavo a quella notte, Gesù, la tua nascita,
«fuori» dal centro abitato, dai suoni e dalle luci,
dal calore e dalle comodità.
Hai voluto condividere la sorte di tanti «esclusi»,
quelli per i quali «non c’è posto».
I poveri, certo,
ma anche tutti i «perdenti»,
quelli che non hanno le carte giuste.
Il carattere giusto, lo stato di vita giusto.
Per quel lavoro, per quel matrimonio, per quella situazione di vita, magari tanto desiderata,
il sogno che non si realizza.
E vedono altri, più avanti, ben sistemati,
al caldo e al sicuro
in palazzi o situazioni di vita che siano.
Non è facile vivere da esclusi.
L’invidia morde il cuore, la rabbia soffoca, l’umiliazione deprime.
E una domanda risuona potente nel cuore:
«Perché? Dove sei, Dio, mentre soffro?».
Come posso accettare senza ribellarmi
la mancanza di quella cosa, così importante per me?
La risposta me la dai tu,
Giuseppe,
che non sei riuscito a farti aprire le porte.
Che hai accettato di andar «fuori»,
pur potendo esibire il massimo dei titoli:
«Sono il padre di Dio»!
Hai accettato l’incertezza, il freddo, il fallimento,
l’umiliazione dell’ultimo posto
e non hai neanche protestato;
perché sapevi che, dietro le circostanze umane,
Dio è presente.
Ha un suo disegno,
anche gli uomini malvagi sono suoi strumenti.
E, a volte,
anche i loro errori di giudizio.
Perché sei «tu che vivi e regni» nelle nostre storie.
Perché sapevi che l’importante
era far nascere il Bambino.
Fargli posto e averlo vicino.
In qualunque modo e situazione.
E di questa sola certezza
hai saputo vivere.
Insegnami a guardare solo la sua luce nella notte.
Nella mia notte.
Insegnami a pregare
sapendo che non cambiano le situazioni,
ma cambia il mio cuore.
Insegnami a vivere in silenzio
e in pace ogni difficoltà,
alla ricerca solo del suo sguardo.
Che non mi farà sentire mai escluso dal suo amore.
Unica «roccia» cui appoggiare la mia fragile vita.
Unico «rifugio» sicuro per la mia ricerca.
Unico abbraccio che può colmare il mio desiderio
immenso di sapermi amata e accolta.
«Con la fede in Dio e la consapevolezza del suo amore, si può facilmente fare a meno del resto!». Marthe Robin
«Si deve lasciare ogni pretesa: il dipendere dai risultati, l’inquietudine per un insuccesso anche apostolico o educativo. Per il cristiano non è importante riuscire. Il nostro Redentore è il più grande fallito della storia, se si considera il suo operato sulla base del consenso umano… in Cristo soffre un Dio rifiutato dalla sua creatura (“Non credono in me”…)… Gesù rende attiva la sua volontà umana diventando totalmente passivo, rinunciando ad affermare il proprio io e la propria volontà (“Non la mia, ma la tua volontà…”) … è il capovolgimento della volontà idolatrica che cerca sempre la propria affermazione presso gli altri». Ugo Borghello
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La riflessione e preghiera è scritta da Stefania Perna ed è contenuta nel libro ’50 preghiere per cercatori di speranza’
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