Licenziabilità per i nuovi assunti senza la tutela dell’art. 18 (salvo in caso di discriminazione o per mancanza di giusta causa), nuovi ammortizzatori sociali, contratti a tempo indeterminato “a tutele crescenti”, nuove “politiche attive” per il lavoro: sono i contenuti principali del Jobs Act del governo Renzi, approvato alla Camera e che la prossima settimana dovrebbe essere varato anche dal Senato. Su pregi pregi e difetti di questa novità si esprime il docente di diritto del lavoro alle università di Modena e Reggio Emilia, Michele Tiraboschi, già stretto collaboratore del giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle Brigate Rosse.
Col Jobs Act e il contratto di lavoro a tutele crescenti siamo sulla strada buona per uscire dalla crisi del lavoro in Italia?
Perché negli Usa si assume a tutto spiano e da noi no?
“Perché siamo due mondi e due culture diverse. Là pressoché tutti lavorano anche offrendo lavori a tempo parziale, salari ridotti, grande flessibilità. Nel Dna delle persone c’è il cambiamento di occupazione, casa, stato, mentre da noi c’è una cultura ‘provinciale’, piuttosto statica”.
Le aziende obiettano che le indennità sostitutive del reintegro sono troppo alte. È vero?
“Alla base c’è che il Paese non cresce e quindi non c’è slancio produttivo che si traduca in assunzioni. Gli indennizzi previsti, comunque, mi sembrano leggermente più alti di quanto avviene in altri Paesi”.
Altro punto delicato è la discrezionalità dei magistrati nel decidere sui reintegri. Lei cosa ne pensa?
“Credo che tali margini rimangano molto alti. Dopo la riforma rimarranno 8 milioni di lavoratori sotto la tutela dell’art. 18 e anche per i nuovi la formula di compromesso raggiunta dalla direzione del Pd dà ancora grossi margini al magistrato. Forse si doveva agire di più con l’arbitrato interno alle aziende”.
Ci dice in poche parole tre contenuti della sua “ideale” riforma del lavoro?
“Primo, potenziare l’alternanza scuola-lavoro. Da noi i giovani hanno troppa teoria e poca pratica. Secondo: smetterla di scrivere regole che vengono modificate l’anno dopo. Così, direi, iniziamo a far funzionare ‘Garanzia Giovani’, visto che i soldi ci sono. Terzo: identificare percorsi innovativi, quali un ‘servizio civile’ sulla tutela del territorio o la cura della persona o il risparmio energetico. Del resto pensiamo all’enorme costo di tenere inattivi 2,5 milioni di ragazzi. Uno spreco umano enorme!”. di Luigi Crimella per Agenzia Sir
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