Il Concilio Vaticano II insegna innanzitutto che l’Eucaristia – cioè la Santa Messa – è il rinnovamento di quanto ha fatto Gesù il giorno della sua morte, offrendosi al Padre celeste quale vittima per i nostri peccati: «Il nostro Salvatore nell’Ultima Cena, nella notte in cui fu tradito, istituì il Sacrificio del suo Corpo e del suo Sangue, onde perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il Sacrificio della Croce» (Sacrosanctum Concilium, n. 47).
Nello stesso documento si legge che Gesù si fa nostro cibo. Bello è quanto scrive a proposito san Tommaso d’Aquino: «Come nella vita corporale oltre al nascere e al crescere occorre il quotidiano alimento, così nella vita dello spirito oltre al Battesimo e la Cresima occorre un sacramento che sia alimento spirituale: tale è l’Eucaristia». E lo stesso Concilio, citando il grande dottore, in un altro documento precisa: «Nella Santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo, che per mezzo della sua carne vivificata e vivificante, per mezzo dello Spirito Santo dà vita agli uomini» […].
Padre Pio diceva: «Intorno all’altare c’è tutto il Paradiso» ed il Signore ha permesso che qualche fortunato figlio spirituale potesse vedere con i propri occhi questa meravigliosa realtà.
Vogliamo riportare la bella testimonianza che ci affida Fra Daniele Natale; è desunta da una lettera scritta da Enrico Cerioni, un sardo residente a Roma, dopo che era stato alcuni giorni a San Giovanni Rotondo.
Ecco il testo: «Mentre insieme ai fedeli ero in attesa che Padre Pio venisse in chiesa per celebrare la Santa Messa, ho visto uscire dalla sagrestia due file di angeli che lo precedevano: il Padre aveva a fianco la Madonna. Si accostò all’altare, mentre la Madre di Dio si mise a un lato. Appena cominciò il salmo 42, Introibo ad altare Dei, Padre Pio diventò luminoso e tale rimase per tutto il tempo della celebrazione eucaristica. All’elevazione apparve Gesù che si fondeva in Padre Pio: facevo fatica a distinguere le due persone. Alla Comunione la fusione divenne totale, per effusione d’amore».
Il Cerioni concludeva lo scritto, pregando Fra Daniele di domandare al Padre se quanto aveva visto fosse stata solo un’immaginazione fantastica o corrispondeva invece a realtà. Il nostro confratello, ricevuta la lettera, va nella cella di Padre Pio e, mettendogli nelle mani la lettera di Enrico, gli chiede se quel figlio spirituale avesse visto giusto.
Il Padre scorre lentamente quelle righe e poi dice: «La prima parte, quella che accenna alla presenza degli angeli e della Madonna intorno all’altare, è così». E rimane in silenzio. «Padre – dice Fra Daniele – se è vera la prima parte, è vera anche la seconda». E Padre Pio, come mortificato, con un cenno di capo annuisce. […].
Il Padre desiderava che i sacerdoti fossero esemplari nel celebrare [la Santa Messa]. In occasione dell’anniversario della sua Ordinazione sacerdotale, Padre Pio disse a Padre Innocenzo, che lo aveva assistito: «Per celebrare bene la Messa bisogna essere un altro Gesù». Ecco alcune testimonianze.
Don Giuseppe Cenci, ancora diacono, nell’agosto del 1968, venne a San Giovanni Rotondo, per prepararsi alla sacra Ordinazione. Quando terminò questo periodo di raccoglimento, prima di ritornare nella sua diocesi, salutò Padre Pio raccomandandosi alle sue preghiere. Il Padre gli disse: «Ricordatevi che si sale l’altare una volta sola». Come a dire: imitare Gesù che è morto sulla croce, per la salvezza delle anime, senza possibilità di ridiscenderne.
Poi il Santo raccomandò: «Vi dovete salire con purezza di cuore, purezza di spirito e purezza d’intenzione».
Egli gioiva specialmente, quando vedeva i sacerdoti novelli all’altare, compenetrati del mistero che celebravano. Una volta don Antonio Boschetti, della diocesi di Padova, celebrò la Santa Messa alla sua presenza. Padre Pio, al termine del sacro Rito, nel salutarlo, lodò la sua compostezza ed attenzione.
Padre Raffaele D’Addario ci offre invece una testimonianza dal sapore diverso. Egli scrive: «Una volta un sacerdote aveva celebrato in chiesa con grande sveltezza, mentre Padre Pio stava in coro; quando poi salì a salutarlo, il Padre gli disse di fare le cose di Dio santamente, ed, in modo particolare, proprio nella Messa di non aver fretta, perché la Messa del Calvario era durata tre ore».
Molto crudo fu il Padre con Don Giuseppe Granieri, un parroco della diocesi di Orvieto-Todi. Egli mi confidò: «Nei primi anni del mio sacerdozio, intorno al 1960, mi sono confessato da Padre Pio e tra l’altro gli ho detto: “Non sempre ho celebrato con la dovuta preparazione e devozione, compenetrandomi del mistero che rinnovavo”. Ed il Santo, con tono duro di rimprovero: “Non fare il macellaio”. Quelle parole hanno segnato da allora le mie celebrazioni eucaristiche. Tutte le volte che dico la Messa, le ho sempre presenti».
Padre Marcellino IasenzaNiro,
Padre Pio. Profilo di un santo,
pp. 148-149; 165-168.
Fonte www.settimanaleppio.it
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