Benedetta Capelli – Città del Vaticano
E’ la preghiera comune ad introdurre “la parola di incoraggiamento” che i sacerdoti, i consacrati ed i seminaristi chiedono al Papa attraverso il presidente della Commissione degli Ordini religiosi, mons. Vodopjanovas. Nella Cattedrale dei Santissimi Pietro e Paolo, a Kaunas, Francesco regala prima un’esortazione a braccio, chiedendo ai presenti di non dimenticare il passato, di custodire il bene fatto da molti, di cui spesso non si sa più nulla. Poi chiede di non essere persone tristi ma innamorate di Dio, di essere evangelizzatori di una Chiesa in uscita.
Guardando voi, vedo dietro di voi tanti martiri. Martiri anonimi, nel senso che neppure sappiamo dove sono stati sepolti. Siete figli di martiri. Questa è la vostra forza. E lo spirito del mondo non venga a dirvi qualche altra cosa diversa da quella che hanno vissuto i vostri antenati. Ricordate i vostri martiri e prendete sempre da loro: non avevano paura.
Il Papa ricorda pure la tentazione per la seconda generazione di religiosi: non provare più gioia dopo la chiamata, vivere di noia secondo “lo spirito della secolarizzazione”. Nel suo discorso, ricorda che non si è “funzionari di Dio” e che la società del benessere “ci ha resi troppo sazi, pieni di servizi e di beni, e ci ritroviamo appesantiti di tutto”. “E’ necessario pregare e adorare, “coltivare il desiderio di Dio”.
Francesco invoca il servizio al popolo di Dio: l’ascolto, il condividere la mancanza di senso dei giovani e la solitudine degli anziani, perché “la nostra presenza – afferma – non sia lasciata all’improvvisazione”, ma risponda ai bisogni della gente.
Ascoltare la voce di Dio nella preghiera ci fa vedere, udire, conoscere il dolore degli altri per poterli liberare. Ma altrettanto dobbiamo essere colpiti quando il nostro popolo ha smesso di gemere, ha smesso di cercare l’acqua che estingue la sete. È un momento anche per discernere che cosa stia anestetizzando la voce della nostra gente.
Cuore del discorso del Papa è l’invito ai giovani religiosi a rinunciare al loro ministero piuttosto che vivere nella mediocrità e “ricorrere a comportamenti ed evasioni” non coerenti con la consacrazione. La raccomandazione è soprattutto di guardare alle radici, alla strada percorsa dagli anziani ai quali chiede di insegnare, di raccontare e proporre.
La violenza usata su di voi per aver difeso la libertà civile e religiosa, la violenza della diffamazione, il carcere e la deportazione non hanno potuto vincere la vostra fede in Gesù Cristo, Signore della storia.
La speranza cristiana – ricorda il Papa – si nutre anche delle tribolazioni; le persone che vivono questo si aprono agli altri, diventano un “noi”.
Un “noi” che integra, ma anche supera ed eccede l’“io”; il Signore ci chiama, ci giustifica e ci glorifica insieme, così insieme da includere tutta la creazione. Molte volte abbiamo posto così tanto l’accento sulla responsabilità personale che la dimensione comunitaria è diventata uno sfondo, solo un ornamento. Ma lo Spirito Santo ci riunisce, riconcilia le nostre differenze e genera nuovi dinamismi per dare impulso alla missione della Chiesa.
Dando nuovo slancio all’evangelizzazione, Francesco si sofferma sulla necessità di non lasciarsi sopraffare dalla tristezza che “è una malattia”, chiede di fermarsi quando si perde la direzione, quando si intravede il rischio di non essere fecondi.
Tristi perché non trovano l’amore, perché non sono innamorati, innamorati del Signore. Loro hanno lasciato da parte una vita di matrimonio, di famiglia, e hanno voluto seguire il Signore. Ma adesso si sono stancati, sembra. E scende la tristezza. Per favore, quando voi vi troverete tristi, fermatevi. E cercate un prete saggio, una suora saggia. Saggio o saggia perché è stato capace o è stata capace di andare avanti nell’amore. Andate a chiedere consiglio.
Tristezza collegata anche al sentire la vocazione come un’impresa dove non c’è spazio per amare, per lo zelo apostolico.
Cari fratelli e sorelle, se voi non volete essere dei “funzionari”, vi dirò una parola: “vicinanza”. Vicinanza, prossimità. Vicinanza al Tabernacolo, a tu per tu con il Signore. E vicinanza alla gente. “Ma, padre, la gente non viene…” Vai a trovarla!
Pastori e non chierici di Stato ma uomini vicini e misericordiosi in grado di far sentire l’abbraccio del Padre, che perdona. “Il confessionale – afferma il Papa – non è lo studio di uno psichiatra. Il confessionale non è per scavare nel cuore della gente”.
Francesco poi rivolgendosi alle suore ricorda il loro essere madri, icone della Madonna, e della Chiesa.
La mamma Chiesa non chiacchiera: ama, serve, fa crescere. Vicinanza al Tabernacolo e alla preghiera. Quella sete dell’anima di cui ho parlato, e con gli altri. Servizio sacerdote e vita consacrata non da “funzionari”, ma di padri e madri di misericordia. E se voi fate così, da vecchi avrete un sorriso bellissimo e degli occhi brillanti! Perché avrete l’anima piena di tenerezza, di mitezza, di misericordia, di amore, di paternità e maternità. E pregate per questo povero vescovo. Grazie!
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