Di fronte al dilagare del virus Ebola nell’Africa occidentale occorre un intervento più ampio e coordinato. Per questo motivo, Caritas Internationalis ha convocato per oggi a Roma una conferenza, destinata a tutte le Congregazioni religiose e le organizzazioni di ispirazione cattolica attive nei Paesi colpiti dall’epidemia. Sensibilizzazione e prevenzione, ma anche sicurezza alimentare e vicinanza pastorale, le priorità degli interventi previsti. Il servizio di Gabriella Ceraso per la Radio Vaticana:
Più di 5.000 decessi e oltre 14 mila contagi finora per Ebola, ma le cifre potrebbero toccare il milione, sostiene Caritas internationalis, per un virus che per ora ha un tasso di mortalità al 60%. Tutto dipende da come si svilupperanno le misure di contrasto. La risposta della Chiesa finora è stata tempestiva, spiega Caritas Internationalis riunita a Roma, con interventi sanitari: l’impegno alla sensibilizzazione – anche tramite 2.600 spot radio e un milione di sms – la distribuzione di kit sanitari alle famiglie – 53 mila quelle raggiunte finora in Guinea e Sierra Leone – e in luoghi pubblici. E poi c’è la capillare assistenza alimentare a chi è in quarantena: obiettivo Caritas ora sono 1.500 famiglie in Sierra Leone e 1.250 in Guinea nei prossimi giorni. E questa è la nuova emergenza, spiega mons. Robert J. Vitillo consigliere speciale di Caritas per la sanità:
“La situazione è che loro non possono uscire da casa e quindi il governo o anche la parrocchia dà loro qualcosa da mangiare, ma è sempre e solo per 21 giorni… Però, se una persona si ammala, loro devono prolungare questo periodo di quarantena. Per questo motivo, è necessario avere un sistema per avere l’alimentazione necessaria e per noi di distribuirla nelle comunità locali”.
Tragedia nella tragedia, avverte Caritas, sono gli oltre 3.700 orfani confinati nelle case o, peggio, negli istituti di cura:
“Molti sono in questi centri di trattamento per l’Ebola. Alcuni di loro erano infetti, ma altri bambini non erano malati… Rimangono comuqnue bloccati in questi centri di isolamento che sono il posto peggiore dove stare per un bambino che è sano, perchè c’è sempre la possibilità di infettarsi… Abbiamo chiesto quindi a tutti gli istituti, come ad esempio alle Suore di Madre Teresa di Calcutta e ad altri istituti, di prendere questi bambini che sono rimasti senza genitori”.
In Africa, serve inoltre per il personale medico sia il materiale sia la formazione continua, al fine di evitare il contagio. L’emergenza sanitaria in Africa, disegnata dalla Caritas, è quella di una vera e propria crisi regionale, sociale ed economica senza precedenti, sottovalutata e in aumento. Di fronte a questo, l’azione della Chiesa, affermano gli orgaizzatori della Conferenza, deve dunque procedere in modo più coordinato ed efficace:
“Innanzitutto, bisogna riconfermare il ruolo delle Chiese in questo. Noi dobbiamo stare accanto ai poveri, accanto a queste persone che sono ammalate e che sono escluse. Spero anche che riusciremo a metterci insieme: molto spesso nella Chiesa facciamo un bellissimo lavoro, ma non lo facciamo insieme. Serve quindi una collaborazione fra di noi, istituzioni cattoliche”.
Le direttive di questa azione nelle parole ancora di mons Vitillo:
“Prima di tutto, educazione sociale e poi mantenere aperte le cliniche e gli ospedali della chiesa, perchè dobbiamo assicurare la salute di tutta la popolazione. Poi, dobbiamo rispondere alle persone non solo con un trattamento diretto, ma anche pastoralmente. Occorre pensare al futuro di questi Paesi”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana