Una bellissima catechesi di Padre Cantalamessa
Il cristiano ha una grande speranza: “Cristo è morto per tutti i nostri peccati”, ma risorgendo ha abbattuto il muro della morte e ci ha spalancato le porte della speranza. San Giovanni diceva: “Chiunque ha questa speranza purifica se stesso come Egli è puro” (1 Gv.3).
Dunque, partendo dalla morte e resurrezione di Cristo dobbiamo purificarci, cioè deporre il peccato. Immaginate una folla di condannati ai lavori forzati, in un campo grigio e nebbioso, che si trascinano un’enorme palla di ferro ai piedi e perciò non possono scappare. A un certo punto arriva qualcuno che tocca i ferri, si sciolgono le catene e le persone sono libere, camminano, e non credono neppure loro di essere liberi. Ecco, anche noi dobbiamo vivere qualcosa del genere e sentire che ci cade di dosso una palla di piombo. Immaginate ancora dei buoi che hanno lavorato tutto il giorno e arrivano alla sera sfiniti. Viene qualcuno e li scioglie dal carro. Ecco, questo carro è il nostro peccato, è il tumore che ci fa morire per sempre.
Come possiamo essere liberati? Emigriamo dall’Egitto del peccato, facciamo un esodo. Il risultato sarà l’entrata nella Terra promessa.
La prima tappa è riconoscere il peccato, ammettere che abbiamo peccato e ciò non è facile perché ci viviamo dentro, viviamo in un mondo che ha fatto del peccato la quintessenza della sua vita. Il mondo non ha più paura del peccato e ci scherza. La stessa lingua italiana ha coniato espressioni per minimizzare il peccato, chiamandolo vizietto, peccatuccio ecc., rendendo così tutto una cosa innocente!
Viviamo in un mondo che ha paura di tutto (AIDS, guerre ecc.) ma non ha paura del peccato, che è la guerra dichiarata a Dio, all’Eterno, a Colui che ti tiene la mano al punto che, se ti lasciasse un attimo, tu ripiomberesti nel nulla. Noi non abbiamo più paura di questo. Siamo tutti sotto narcosi e invece dobbiamo svegliarci. La Parola di Dio vuole che chiamiamo il peccato peccato, che ci accorgiamo che esiste ed è una cosa seria. Il peccato è quella cosa tremenda che è l’odio, la violenza, l’ingiustizia, la povertà, la lussuria, l’abuso. La Parola di Dio ci dice che se vogliamo liberarci dal peccato dobbiamo riconoscerlo; esso non è una cosa astratta, ma il vero pericolo della nostra vita. Il mondo dirà il contrario, ma noi sappiamo dove porta il mondo, che “è tutto sotto il potere del maligno” (1 Gv.5).
Il 2° passo da compiere: pentirsi del peccato. Solo lo Spirito Santo, che conosce Dio, sa cos’è il peccato e il pentimento. Quando lo Spirito Santo viene, per prima cosa “convincerà il mondo di peccato” (Gv. 16,8), il mondo cioè l’uomo. Pentirsi significa cambiare mente, giudizio…: ma non è solo sostituire un giudizio a un altro; pentirsi significa sostituire il nostro giudizio con quello di Dio…, significa gettarsi dentro l’abisso del giudizio di Dio e dire: “Signore, io non mi conosco… Tu sai tutto di me… mi getto in questa verità, accetto il tuo giudizio su di me. Questo è il miracolo del cuore contrito, che per Dio diventa una villa, un palazzo… Dio guarda al cuore contrito”. Così, dopo aver riconosciuto il nostro peccato e esserci pentiti, non ci resta che compiere il 3° passo.
3° Tappa: rompere con il peccato definitivamente. Rompere con quel peccato che ci incatena, che appanna i nostri rapporti con Dio. La catena deve essere spezzata. Questa tappa consiste nel dire un bel “basta” al peccato. Dio ci invita a un divorzio santo tra noi e il peccato, specialmente da quel peccato che diventa per noi una catena e senza il quale abbiamo paura di vivere, perché poi saremmo costretti a cambiare: e allora lo teniamo ben nascosto in noi. Adesso dobbiamo decidere: voglio stare col Vangelo o con me stesso? Questo peccato può essere diverso in ciascuno, ma c’è nella vita di ognuno di noi. Quindi dobbiamo dire: “Signore aiutami Tu, da oggi voglio fare senza questo peccato!” Potremo ricadere, ma sarà diverso perché adesso il Signore sa che il tuo cuore non è più lì. Appena abbiamo capito qual’è questo peccato, bisogna correre subito a fare un contrario a quel peccato.
Se un uomo ha, supponiamo, il vizio del gioco, per liberarsene non deve dire: Signore, da domani non giocherò più, ma deve decidere di non giocare subito,adesso, in questo momento. Ecco così è possibile la liberazione. Il Signore ci aiuterà, ma noi dobbiamo offrirgli la nostra decisione di non compiere il peccato. Alla fine il padre ci invita all’ultimo passo necessario perché la nostra liberazione sia completa.
4° tappa: distruggere il corpo del peccato. Continuando a peccare ogni giorno, ripetutamente, nella nostra vita si è formata una crosta calcarea che si infiltra nei nostri atti. Confessandoci, andando a messa, il più viene eliminato, ma siccome la contrizione non è sempre perfetta, succede che rimane un po’ di calcare che fa massa, che forma il cuore di pietra. Allora ciò che bisogna distruggere è il nostro cuore di pietra, quello che ci siamo fatti da soli, coi nostri peccati… dicendo di no alle beatitudini.
Dobbiamo andare da Dio nella Santa Confessione per cambiare questo cuore di pietra là dove il Sangue di Cristo scioglie il nostro cuore di pietra; la Passione di Cristo è una fornace: gettiamo in essa il nostro cuore di pietra per vederlo disciolto e ottenerne uno nuovo. Quando gli ebrei hanno cominciato l’esodo avevano paura, ma quando sono entrati nel Mar Rosso ne sono usciti liberi. Diventiamo liberi anche noi per la grazia di Cristo che è morto per noi.
Fonte: Eco di Medjugorje – (discorso a Poggio Rusco, MN, 3.11.90 — riassunto da Paola)