Chi sa accogliere non fa chiasso. Non ne ha il tempo, meno che mai ne ha voglia. Dall’Alto Adige alla Campania, si vanno moltiplicando le iniziative pensate per offrire ai profughi un’orizzonte sgombro dalle nuvole nere che molte volte si addensano sulla sorte dei migranti.
A Bolzano i migranti potranno svolgere attività di volontariato di pubblica utilità, in favore della cittadinanza. Alcuni ospiti dell’ex caserma Gori, d’intesa con il Comune e con l’associazione Volontarius, potranno prestare attività di volontariato presso il Consorzio delle Cooperative Sociali Joti. I profughi si dedicheranno al mantenimento dei parchi, delle aiuole, delle piste ciclabili e di tutte le aree verdi del capoluogo. Un protocollo è stato sottoscritto presso il Commissariato del Governo, con la collaborazione della Provincia Autonoma di Bolzano, del Comune e delle associazioni che gestiscono i centri di accoglienza.
Lontano dai monti altoatesini, sulle spiagge del sud, altri giovani migranti stanno incontrando un inatteso clima d’accoglienza. «Per noi il mare è stato un nemico e un pericolo per tre lunghi giorni e tre lunghe notti. Abbiamo lasciato i nostri padri e le nostre madri sulle rive della Libia per un viaggio che poteva essere anche senza speranza », ha detto un diciottenne ghanese ospitato, tra applausi e solidarietà, sul Lido Lago della costa del sole che da Salerno porta a Paestum. A Battipaglia si sono viste scene molto diverse da quanto avvenuto recentemente a Roma e in Veneto. «Insieme alla Caritas di Teggiano-Policastro abbiamo voluto dimostrare all’Italia che l’accoglienza è un valore e non un criterio selettivo della società globale», hanno spiegato gli organizzatori. Decine di famiglie sulla spiaggia, hanno anche offerto alla Caritas un contributo per garantire borse di studio per i profughi che a partire dal settembre prossimo frequenteranno le scuole salernitane.
In Friuli Venezia Giulia si è voluto delineare un piano di accoglienza stabile, coinvolgendo anche i tanti volontari della Protezione civile, che interverrà per contribuire, in collaborazione con le prefetture, specie nell’allestimento di strutture di prima accoglienza. Lo prevede un decreto emanato dall’assessore regionale alla Protezione civile, Paolo Panontin, d’intesa con la presidente della Regione Debora Serracchiani.
Quella che va emergendo è l’altra Italia. Maggioritaria e operosa, che non se ne sta a braccia conserte o con il dito puntato. E che la gratuità dell’accoglienza venga percepita come una provocazione dai professionisti della polemica, lo dimostra quanto accaduto ad un sacerdote umbro. Don Gianfranco Fomenton, parroco di Sant’Angelo in Mercole a Spoleto, ha affitto sul portone un messaggio chiaro. «Ero straniero e non mi avete accolto». Un rimprovero tratto dal vangelo, accompagnato da un’intimazione del parroco: «In questa chiesa è vietato l’ingresso ai razzisti. Tornate a casa vostra!».
La scritta a caratteri cubitali rossi e neri ha voluto essere da parte di donFormenton, sacerdote di origine veneta, una reazione alle rivolte dei residenti contro l’arrivo di profughi scoppiate a Quinto di Treviso e poi anche a Roma. «Lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno», si chiude così il cartello affiosso del parroco. La foto sta facendo il giro dei social network e dei siti web. Don Formenton non è nuovo a iniziative forti, schierandosi contro la politica e attaccando più volte quanti sfruttano i momenti sacri, come nozze o funerali, per puro scopo di lucro. Le critiche non sono mancate neanche stavolta. E neanche gli insulti. «Ma io – rimarca il parroco – non ripeto altro che quello che già dice Papa Francesco. E infatti chi pensa di insultarmi scrive sui social network che questi sono i frutti della Chiesa di Bergoglio. È vero, questi sono i frutti della Chiesa di Bergoglio».
Di Nello Scavo per Avvenire