SOSTIENECRISTIANA – (Rubrica dell’Agenzia Sir) – Sportivi si nasce o si diventa? Se la tua famiglia è composta da sportivi hai una buona probabilità di veder spuntare in te una naturale predisposizione e magari di giungere a qualche disciplina sportiva che metta a fuoco tutta la potenzialità. Già… disciplina sportiva. L’educazione di un tempo, non nel medioevo, parlava appunto di disciplina sportiva e la persona, ragazzo o ragazza che fosse, veniva additato come morigerato, controllato nella dieta, capace di sottoporsi ad allenamenti continui, padrone della propria psiche tanto da non cedere in gara, un signore dello sport! Insegnanti ed allenatori insegnavano anche a perdere, a dare cioè il meglio di sé ma senza ancorare la propria vita al successo, al record, alla vittoria.
L’importante era partecipare non vincere. Creare intorno a sé un’atmosfera ludica, partecipativa, di sana emulazione. Circolava il detto latino “mens sana in corpore sano”, l’interazione e il coinvolgimento di tutta la persona era dato per scontato e premiato non da un lucroso assegno o da una rinomanza di celebrità, quanto dalla certezza di un esito acquisito con fatiche, astensioni. Trasparenza di rapporti e collaborazione con l’allenatore. Quando si perdeva non ci si accasciava al suolo e ci si disperava contorcendosi e recriminando, ci si avvicinava all’avversario per una stretta di mano e un “ha vinto il migliore”.
Sport però era, diciamo, sport. Una componente della gioventù e della vita, non era il solo aspetto della vita che, una volta, compiuta la parabola giovanile lasciava in mano un pugno di mosche e di delusione. Erano momenti esaltanti, di tifo sano e di ancora più sano incitamento verso chi gareggiava.
Penso oggi al morso in faccia all’avversario steso a terra, dopo un corpo a corpo. Questo tipo di sport e di gara non è volto a modellare una personalità matura, psichicamente padrona di sé, scatena gli istinti peggiori, quelli che, forse, giacciono dentro di noi ma richiedono appunto addestramento per essere vinti e per non esplodere animalescamente. Chi morde non aveva creato in sé uno spirito agonistico, di lieta giocosità, mirava ad altro. Mi domando se la differenza, constatabile e innegabile, sia dovuta al fatto che noi, per fare sport, si pagava, ci si iscriveva ad un club sportivo e oggi si è profumatamente pagati? Non sono discorsi da galateo sorpassato, sono pungenti interrogativi che si dicono: ai nostri giovani, quando non sono obesi e incollati al display, quale sport offriamo? Quali reazioni dobbiamo attenderci?
Cristiana Dobner