Cari amici lettori, penso che abbiamo tutti negli occhi e nel cuore le immagini della visita di papa Francesco in un campo profughi a Lesbo, sabato 16 aprile. Ancor più delle parole e dell’importante dichiarazione comune firmata assieme al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo e all’arcivescovo ortodosso di Atene Ieronymos.
Il Papa ha salutato uno per uno i 250 profughi del campo e si è visibilmente commosso, in particolare quando una bambina si è gettata ai suoi piedi e quando un giovane pachistano gli ha chiesto, in ginocchio e piangendo, di essere benedetto. Questo gesto è stato completato dall’accoglienza, sull’aereo papale di ritorno dall’isola di Lesbo, di dodici profughi. Casualmente si è trattato di tre famiglie musulmane, scelte perché avevano tutti i documenti in regola, ma anche in base all’unico “privilegio” di essere figli di Dio. Prima di cogliere i tanti significati del gesto del Papa a Lesbo, dobbiamo semplicemente ricordare le immagini di questa visita e commuoverci a nostra volta. Piangere anche noi come il sole di un disegno che un bambino ha regalato a Francesco. Il Papa lo ha mostrato ai giornalisti sull’aereo e ha detto: «Anche il sole è capace di piangere… anche a noi una lacrima farà bene».
Questo significato fondamentale dell’evento di Lesbo lo ha messo bene in rilievo l’arcivescovo Ieronymos: «Non abbiamo bisogno di dire molte parole. Soltanto quelli che hanno incrociato lo sguardo di quei piccoli bambini che abbiamo incontrato nei campi dei rifugiati, potranno immediatamente riconoscere, nella sua totalità, la “bancarotta” dell’umanità e della solidarietà che l’Europa ha dimostrato in questi ultimi anni».
Lo stesso concetto è stato ribadito dal patriarca Bartolomeo rivolgendosi ai profughi: «Abbiamo viaggiato fin qui per guardare nei vostri occhi, sentire le vostre voci e tenere le vostre mani nelle nostre. Abbiamo viaggiato fin qui per dirvi che ci preoccupiamo di voi. Abbiamo viaggiato fin qui perché il mondo non vi ha dimenticato». Francesco, infine, ha spiegato così il senso della visita: «Oggi ho voluto stare con voi. Voglio dirvi che non siete soli». E ha aggiunto: «Siamo venuti per richiamare l’attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la risoluzione. Come uomini di fede, desideriamo unire le nostre voci per parlare apertamente a nome vostro. Speriamo che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanità».
Redazione Papaboys (Fonte www.credere.it/Don Antonio Rizzolo)
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